Paolo: "Il Québec è un posto che sa offrire molto"

Interviste agli espatriati
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Pubblicato 2021-05-14 alle 08:12 da Francesca
Paolo è originario di Genova. Ricercatore in economia applicata, lavora per 16 anni nel settore pubblico italiano. Le scarse opportunità di un avanzamento di carriera lo portano a fare domanda come ricercatore presso l'Università di Exeter, in Inghilterra. Vince il posto, ed è l'inizio della sua vita all'estero che lo porterà fino in Canada, dove vive felicemente oggi. Lavora come insegnante universitario in Quebec dove, a marzo di quest'anno, gli è stata assegnata la medaglia per la ricerca, un riconoscimento importante a premio del suo impegno e del duro lavoro svolto. 

 

Raccontaci un po' di te, chi sei e da dove vieni?

Mi chiamo Paolo, sono nato a Genova, dove ho vissuto fino al 2015, e ho 42 anni. Sono appassionato di musica (spaziando dalla musica classica al metal), amo le attività all'aria aperta, il trekking e le ferrate. Lavoro come professore universitario.  

Quali sono i motivi che ti hanno portato a trasferirti in Inghilterra e successivamente in Canada?

Il lavoro e la qualità di vita.
In Italia lavoravo nel settore pubblico (sanità) ma avevo uno stipendio da fame. Lavoravo da quando avevo 19 anni, ma dopo 16 anni il mio stipendio continuava a rimanere basso, nonostante avessi in tasca laurea e dottorato di ricerca in economia applicata. Guadagnavo 1.100 euro al mese, con zero progressioni di carriera, molte ore di lavoro ogni giorno e poche soddisfazioni. Insegnavo ai corsi di alta formazione universitaria per la sanità, e spesso mi trovavo i miei superiori come allievi.
La situazione era diventata ridicola, così nel 2015 decisi di fare domanda come ricercatore all'estero. Alla prima candidatura vinsi il posto in Inghilterra all'Università di Exeter.
Dopo quattro anni feci il concorso per un posto da professore a Québec e lo vinsi. Due anni del dottorato di ricerca (nel 2011 e 2012) li feci a Montréal, da lì mi accorsi della qualità di vita dei canadesi, della bellezza della natura canadese e delle enormi differenze con un paese come l'Italia su moltissimi aspetti. Dopo quei due anni decisi che il posto dove volevo vivere il resto della mia vita era proprio il Canada, con una preferenza particolare per il Québec, la provincia francofona.

Di cosa ti occupi attualmente?

Sono “Professeur Adjoint” che è il primo livello della carriera professorale, tra cinque anni dovrei diventare professore associato. Mi occupo di economia sanitaria e di metodi quantitativi, esattamente ricerca operativa e statistica applicati alla sanità. Ho molte pubblicazioni scientifiche alle spalle e spero qui in Canada di portare avanti la carriera accademica.

Che impatto ha avuto l'emergenza sanitaria del COVID-19 sulla tua attività professionale?

È stato un vero casino. Ho avuto i documenti per iniziare la procedura di immigrazione (EIMT e CAQ) a febbraio, poco prima che esplodesse la pandemia a livello globale. Avevo già dato il preavviso dove lavoravo, ma le procedure di immigrazione erano state cambiate, più complesse e lente. Inoltre il Consolato Italiano di Londra aveva sospeso l'erogazione di servizi, quali l'emissione di passaporti nuov. Il mio scadeva a marzo 2021, quindi alla fine tornai in Italia per tre mesi, disoccupato, per fare tutti i documenti necessari.
Il trasloco della roba dall'Inghilterra al Canada ha impiegato tempi biblici (sette mesi) a causa della forte riduzione del trasporto container via mare.

Il problema è che una volta arrivato non ho potuto vivere pienamente la vita del dipartimento con i colleghi e gli studenti, visto che si svolge tutto tramite remoto, come le videochiamate.   

Alain Audet / Pixabay 

Come si svolge una tua giornata tipo?

Purtroppo non vi è molto da dire, perché a causa della pandemia si vive alquanto isolati.
Mi alzo alle 6 di mattina, faccio colazione e mi preparo per andare al lavoro (preferisco lavorare in ufficio piuttosto che da casa). Prendo i mezzi pubblici e alle 7.45 arrivo in ufficio, in Università.
Lavoro dalle 8 alle 17 circa, ogni giorno ho in media quattro riunioni online con i colleghi o con gli studenti che seguo. Con la pandemia ho esteso le ore lavorative, e a volte esco dall'ufficio alle 19. Torno a casa, ma generalmente prima vado a fare la spesa, se ce n'è bisogno. Nel fine settimana, soprattutto dalla primavera all'autunno, quando posso prendo l'auto, da solo o con amici, e vado a esplorare i parchi naturali che sono intorno alla città.

Il Canada ti offre un buon equilibrio tra lavoro e vita privata?

Per ora parzialmente, in quanto non ci sono molte attività da fare viste le limitazioni date dalla pandemia.
Quando lavoravo a Montréal questo equilibrio c'era, e sicuramente ci sarà appena usciremo da questo periodaccio. Inoltre il primo anno di lavoro in un nuovo paese richiede un po' più di sforzo per prendere confidenza con le varie attività a livello accademico e burocratico.

Quali sono gli aspetti che più apprezzi della tua vita in Quebec?

Apprezzo diversi aspetti, come il rispetto del tempo libero, il rispetto per le diversità, la voglia delle persone di vivere all'aperto, anche se ci sono -20 gradi.
Quando vivevo in Inghilterra si lavorava a ritmi da esaurimento, circa 14-16 ore al giorno, qui generalmente oltre le 8-9 ore al giorno non chiedono. Si hanno ritmi migliori, più calmi e a misura d'uomo.
La situazione politica è molto più seria di quella Italiana, c'è molta meno corruzione, il valore del lavoro è alto, si premiano le competenze e non le amicizie che si hanno in politica. Qui avanza chi è bravo e lo dimostra, cosa molto differente rispetto all'Italia dove la maggior parte delle persone ad alto livello (generalmente incompetenti) sono posizionate da politici.
C'è una cosa che mi stupisce molto e mi piace particolarmente, ed è la riconoscenza dei colleghi o dei superiori nel confronto del mio lavoro. In Italia si pensa che tu debba ringraziare perchè hai un lavoro, come se non lo meritassi e fosse una sorta di concessione divina. Mentre in Canada e in Inghilterra i miei superiori mi hanno sempre ringraziato per il lavoro svolto, e quando chiedevo una progressione di carriera la ottenevo. In Italia in 16 anni di lavoro non è mai successo. 

Ci sono molti modi per riconoscere il lavoro svolto, e uno di questi è premiare chi lavora duramente. A marzo scorso ho vinto la medaglia per la ricerca; nella mia facoltà è stata vinta da 25 professori per essersi distinti nella qualità delle pubblicazioni internazionali negli ultimi due anni. In Italia questi riconoscimenti li sogniamo.

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Cosa ti piace fare nel tempo libero e sei riuscito a stringere amicizie in loco?

Mi piace rilassarmi, camminare all'aria aperta e scoprire nuovi posti.
Recentemente sono stato con alcuni colleghi a camminare nel Parco Nazionale Jacques Cartier, è stata una lunga escursione, ma con panorami mozzafiato. Qui a Québec ci sono un'infinità di cose da fare nel fine settimana, ma a volte la pigrizia prende il sopravvento e mi dedico al riposo.
Ho iniziato da poco a vedermi con dei colleghi e amici nel tempo libero. La pandemia ha terrorizzato tutti e ha ridotto all'osso i contatti, persino quelli più stretti.

Hai dei  progetti per il futuro?

Costruire una vita personale e lavorativa qui.
Mi piace il Québec, nonostante gli inverni siano freddi, è un posto che sa offrire molto. Le estati sono calde, piacevoli e piene di bellezza. Inoltre con sette ore di volo si può andare in Europa, non è poi così distante se pensiamo ad altri posti all'estero dove si trovano molti italiani, come ad esempio l'Australia.

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