Trasferirsi all'estero: tra scelta personale e contesto politico globale

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Pubblicato 2023-09-25 alle 11:00 da Asaël Häzaq
L'instabilità politica di una nazione può impedire o limitare i viaggi internazionali. Le leggi promulgate da uno Stato possono frenare o facilitare l'immigrazione. Anche altri aspetti, come normative sulla tutela dell'ambiente possono influenzare la coscienza individuale. Puoi trasferirti ovunque nel mondo? Quali sono gli ostacoli che potrebbero compromettere i tuoi progetti di vita all'estero?

 

Instabilità politica: nazioni in crisi

Tunisia, Bolivia, Niger, Guatemala, Ecuador, Egitto, Repubblica Democratica del Congo (RDC), Israele, India, Thailandia, Arabia Saudita, Messico, Marocco, Hong Kong, Cina, Francia e molti altri Paesi sono stati, o sono considerati, "occasionalmente a rischio". La notizia potrebbe sorprendere dato che alcuni di loro accolgono regolarmente turisti ed espatriati. La Francia, ad esempio, è stata denominata zona a rischio dal Canada dopo i disordini di fine luglio. Il Canada raccomanda "estrema cautela" a chi ha intenzione di visitare la Francia, così come la Colombia, l'Arabia Saudita, l'India e altre nazioni.

Ogni Stato aggiorna con regolarità l'elenco delle zone verdi, dove viaggiare è sicuro, e delle zone a rischio, dove i viaggi "non essenziali" sono sconsigliati. Le zone rosse sono le più pericolose e andrebbero evitate. I Paesi in guerra, quelli politicamente instabili, o che sono tagliati fuori dal resto del mondo, sono classificati come rossi. Si potrebbe dire che esiste un "consenso" internazionale a non viaggiare in Afghanistan, Iraq, Corea del Nord ed ultimamente in Niger, per motivi di sicurezza. Alcuni però mettono in dubbio questo "consenso". Ovviamente non stiamo parlando di professionisti, diplomatici e organizzazioni che operano in queste regioni ad alto rischio, ma di coloro che progettano un espatrio e che vogliono scoprire un altro Paese, viaggiare e lavorare all'estero.

Puoi trasferirti in uno Stato dittatoriale?

È morale viaggiare in uno Stato autoritario? È pericoloso vivere in una dittatura essendo uno straniero? C'è differenza tra viaggiare per qualche settimana e stabilirsi per alcuni anni? È possibile vivere in una nazione politicamente instabile e regolarmente in crisi?

Sono questioni che generano dibattito e persino disagio. Viaggiare in Paesi in crisi può scioccare. Perché invece non boicottarli? Sarebbe un modo efficace per esprimere la propria opposizione per le politiche in atto. Sbagliato, dice chi ha viaggiato in zone sotto dittatura. Per loro, boicottare è controproducente perché isola la destinazione in crisi. Al contrario, entrare in contatto con la gente del posto aiuterebbe a uscire dall'isolamento. Sottolineano inoltre che viaggiare in Stati autoritari non significa essere d'accordo con le loro politiche, pur ammettendo la necessità di sottostare ad alcune restrizioni (zone vietate agli stranieri, controllo delle aree in cui possono muoversi, ecc.).

Espatrio: una responsabilità morale

C'è differenza tra un viaggio breve e una permanenza a lungo termine? Anche in questo caso, le opinioni divergono. Alcuni sostengono che i viaggiatori hanno una "responsabilità morale", indipendentemente dalla durata del soggiorno. Altri sottolineano che molte democrazie non sono immuni da abusi, anche se questo non impedisce ai Capi di Stato di ricevere gli uni gli altri in pompa magna. La stessa analisi vale per gli Stati più autoritari che, grazie alla loro economia, riescono a penetrare nei principali mercati democratici. È impossibile fare a meno del gigante cinese. L'Arabia Saudita è di nuovo gradita (il principe ereditario Mohammed ben Salmane è stato ricevuto dal presidente francese Macron a giugno). Questi due Paesi, governati dal pugno di ferro dei loro leader, sono anche due potenze economiche che cercano talenti stranieri. In particolare l'Arabia Saudita, in conmpetizione con gli Emirati Arabi Uniti (EAU). Dovremmo rinunciare a immigrare in queste zone a causa delle loro politiche?

Una questione di coscienza

Gli espatriati hanno una responsabilità morale? Per alcuni sì, per altri no. Chi decide di trasferirsi dice non appoggiare a prescindere le politiche del Paese di espatrio, ma di andarci per lavorare. Altri sottolineano che non ci sono problemi di sicurezza in queste nazioni. Il pericolo riguarderebbe piuttosto i giornalisti, gli oppositori e tutti coloro che criticano questi regimi. Ma finché la professione svolta non è in contrasto con le politiche governative locali, non ci sarebbe nulla da temere, se non fare i conti con la propria coscienza. È questo che frena gli stranieri che si astengono dal visitare un territorio la cui politica è troppo lontana dai loro valori. Non parlano di boicottaggio, che considerano ugualmente controproducente e funzionale a ravvivare il nazionalismo. Parlano invece di un approccio mentale che cambia man mano che si acquisisce esperienza. Ci invitano a non soffermarci solo sui regimi più autoritari, ma anche su tutti quei Paesi che stanno prendendo una piega politica preoccupante.

Clima politico e immigrazione

La Finlandia vorrebbe accogliere un maggior numero di studenti e lavoratori stranieri e, contemporaneamente, sta virando a destra. Le elezioni legislative dell'aprile 2023 hanno visto l'ingresso dell'estrema destra al governo, che ha annunciato un "cambio di paradigma". In parole povere: una politica di immigrazione più dura. Il tono è lo stesso in Svezia. In Europa, il clima "anti-immigrazione" è in aumento. In Germania, per la prima volta nella storia della federazione, l'estrema destra è a capo di un ente locale. Paesi Bassi, Italia, Austria, Grecia, Spagna, Francia... L'estrema destra sta guadagnando terreno in Europa.

Il clima politico potrebbe ostacolare l'espatrio? A volte le leggi che vengono promulgate limitano di fatto l'espatrio. In molti Paesi del mondo, il sentimento "anti-immigrazione" è in aumento. Spesso dimentichiamo che dietro questa espressione, che non ha molto senso (questi Stati vogliono davvero abolire in toto l'immigrazione, togliere la possibilità di stabilirsi in un Paese?), si nascondono strategie che mirano a colpire tipologie precise di popolazione. Ci sono anche Paesi molto aperti le cui politiche di immigrazione penalizzano i futuri espatriati. Dopo anni di battaglie, portate avanti dagli studenti africani francofoni che si vedono negato il diritto di emigrare in Canada, il Ministro dell'Immigrazione Sean Fraser ha promesso di occuparsi del problema. La promessa è stata fatta nel 2021, quando il Ministro ha riconosciuto un aumento del "razzismo sistemico", dato che tante domande di visto di studenti africani venivano rifiutate, soprattutto a Ottawa. Ad oggi però, la situazione non è stata ancora risolta. Ha senso espatriare in un Paese che rifiuta delle domande di visto che hanno tutte le carte in regola?

Politica nazionale e conflitto di valori

A volte, gli ostacoli sono dovuti a un conflitto di valori o a un conflitto morale. Sempre più viaggiatori sono sensibili alle questioni ecologiche. L'emergenza climatica ci costringe a fare delle scelte. L'espatrio non fa eccezione. Possiamo espatriare in nazioni la cui politica ambientale è ancora troppo superficiale?

L'ecologia è una causa politica che sta prendendo sempre più piede e può persino influenzare le scelte di espatrio. Alcuni viaggiatori optano per destinazioni che considerano più avanzate dal punto di vista ecologico. La Finlandia, con la sua politica migratoria di destra, è un buon esempio di transizione energetica. Ha anche una delle politiche più ambiziose in questo campo, con l'obiettivo di raggiungere la neutralità carbonica entro il 2035. La Danimarca, il Costa Rica, la Svizzera, Mauritius e l'Islanda sono altri Paesi che hanno investito nell'ambiente. La Cina, invece, è ancora in difficoltà, soprattutto a causa della sua dipendenza dal carbone e della sua politica economica (forti esportazioni di beni e servizi).

Ecologia ed economia vanno di pari passo, così come economia e norme sociali. Negli Stati Uniti, la normativa sul possesso di armi da fuoco frena più di qualcuno. Il "sogno americano" ha un prezzo che non sono disposti a pagare. Non vogliono essere etichettati come "paranoici", ma si rifiutano di vivere in un Paese dove si può andare tranquillamente in giro con una pistola. Per altri, invece, sono i diritti degli uomini e delle donne, o le leggi sui diritti delle donne, a influenzare la scelta del luogo in cui espatriare.

Espatriare o no?

Il Paese perfetto non esiste, questo è chiaro a tutti. E nemmeno la democrazia perfetta. Una buona politica ambientale può affiancarsi a una politica economica o di immigrazione più discutibile. Da qui il "conflitto di valori" e i conflitti di coscienza. Per questo dobbiamo chiederci quali siano davvero le ragioni che spingono all'espatrio.