Riconversione professionale: ora sono una coach per espatriati nel Brunei

Interviste agli espatriati
  • expat in Brunei
Pubblicato 2022-08-17 alle 00:00 da Veedushi
Originaria della campagna inglese, Amy ha trascorso dieci anni a Londra prima di seguire il marito nel Brunei. Ci parla della sua conversione professionale in una coach per espatriati, della nascita del suo primo figlio e della sua esperienza all'estero.

Puoi raccontarci da dove vieni e di cosa ti occupi?

Dopo essere cresciuta in un piccolo e ridente villaggio della campagna inglese, ho trascorso quasi 10 anni nella frenetica realtà aziendale di Londra. Lavoravo nell'ambito della mobilità internazionale presso grandi aziende e mi occupavo di organizzare i trasferimenti all'estero dei dirigenti. 

Ora ho avviato la mia attività di coaching, AIM coaching. Aiuto gli espatriati e le loro famiglie a integrarsi nella loro nuova vita all'estero. 

Grazie alla mia esperienza pluriennale come expat, e a una formazione approfondita in coaching, ho creato un programma che consente agli espatriati (professionisti che operano in ambito aziendale) di adattarsi al nuovo ambiente di lavoro. Il mio programma aiuta a identificare e a superare rapidamente le sfide culturali, familiari e altre problematiche di natura sociale e personale. 

Come mai sei in Brunei? Da quanto tempo ci vivi?

Sono sposata con un militare. Mio marito è stato trasferito qui per lavoro e io l'ho seguito. Vivo qui dall'agosto del 2020. 

E' la tua prima esperienza all'estero?

Si, e non solo. E' anche la prima volta che vivo in una base militare. Niente male come prima esperienza!

L'avventura è iniziata nel marzo del 2020: abbiamo venduto le nostre auto, organizzato il trasloco, disdetto il contratto di affitto della casa dove vivevamo, e ho dato le dimissioni. Ero entusiasta di partire per questa avventura nel sud-est asiatico. Non vedevo l'ora di vedere gli oranghi del Borneo e di fare un tour nella giungla.

Due giorni prima della partenza, Boris Johnson ha annunciato il lockdown a causa del Coronavirus. Sapevamo che non saremmo potuti partire. Non avevamo più una casa e il datore di lavoro di mio marito non ci ha dato troppe indicazioni su come procedere. Alla fine è stata la ditta di traslochi a informarci che avremmo dovuto posticipare il viaggio a data da destinarsi. 

Siamo andati a vivere dai miei genitori e dopo 5 mesi di stallo e tante incertezze, nell'agosto del 2020 ci siamo finalmente trasferiti in Brunei.

Com'è la tua vita in Brunei? Hai superato lo shock culturale e sei riuscita ad adattarti?

Il Brunei è piccolo: ha una popolazione pari a quella della contea in cui sono cresciuta. È uno Stato autonomo, che dipende ancora interamente dalla produzione di gas e petrolio. E' un luogo tranquillo e sicuro dove crescere una famiglia. Quando siamo arrivati non c'erano casi di Covid quindi abbiamo potuto fare una vita normale, andando tranquillamente in giro senza dover indossare la mascherina. 

Dopo i primi tempi, in cui tutto era nuovo e bello, ho iniziato ad accusare le prime difficoltà. A Londra conducevo una vita sociale molto attiva, ma nel Brunei, dove vige la legge della Sharia, non ci sono bar, e gli spazi per l'intrattenimento, lo sport e l'arte sono molto limitati. La sera quando si esce c'è solo qualche bancarella ambulante che vende cibo, e i negozi sono pochi. Sapevo già queste cose, avevo capito che il Brunei era la "Dimora della Pace" e non mi aspettavo un ambiente occidentale. Ho cercato di accettare il ritmo di vita più lento, ma nonostante avessi ridotto al massimo le mie aspettative prima del trasferimento, ho risentito dello shock culturale!

Per svolgere quelle che, nel Regno Unito, sono semplici attività quotidiane, in Brunei possono volerci settimane; il disbrigo delle formalità richiede molto tempo. Le informazioni disponibili online sono scarse; le attività commerciali sono solitamente gestite tramite WhatsApp e il modo più comune per trovare informazioni è il passaparola. All'inizio è stato frustrante. Per avere il certificato di nascita del mio primogenito ci sono volute ore e ore ogni giorno, per mesi.

Il Brunei non prevede visti per il coniuge, quindi le opportunità di lavoro per i familiari dei militari sono estremamente limitate. Ero abituata a lavorare in un ambiente frenetico, ma ho rinunciato alla mia carriera per accompagnare mio marito nel suo lavoro. All'inizio è stato piacevole non dover rispondere alle e-mail tutto il giorno, tutti i giorni, ma sono sempre stata ambiziosa e desiderosa di avere successo, quindi lasciare il mio impiego è stato come perdere la mia identità. All'inizio mi sono sentita spaesata.

Dopo le prime settimane, sono stata vittima dell'inevitabile shock culturale, della frustrazione e ho completamente perso la mia identità. Mi sono sentita in colpa. Sulla carta avevo tutto, quindi perché ero infelice? Volevo assolutamente superare questa situazione quindi cambiai prospettiva... in fondo si trattava di un trasferimento temporaneo e dovevo trarre il massimo dalla situazione. Eravamo fortunati a vivere in Brunei. Ho quindi fatto amicizia con le mogli degli altri militari, delle donne fantastiche. Sono riuscita ad ambientarmi cambiando il modo di vedere e di approcciarmi alle cose. Questo mi ha aiutato ad affrontare le differenze culturali e a superare le difficoltà. Così ho iniziato ad apprezzare e ad amare il Brunei. 

Sei diventata mamma per la prima volta, a chilometri di distanza da casa. Raccontaci questa esperienza.

Ho scoperto di essere incinta la settimana dopo aver lasciato l'hotel dove abbiamo fatto la quarantena. In un Paese senza Covid e senza le tentazioni del buon vino, mi è sembrato il momento perfetto! 

Sono stata così fortunata di trovarmi in Brunei per la gravidanza e il parto; l'assistenza sanitaria è stata impeccabile. Il Brunei ha chiuso le frontiere con largo anticipo, il coranavirus non ha fatto in tempo a diffondersi, e mio marito ha potuto essere al mio fianco durante tutti gli appuntamenti prima della nascita e durante il parto, cosa di cui sarò per sempre riconoscente. Il tradizionale brindisi inglese post-parto è stato sostituito da un piatto di riso, ma per fortuna mio marito ha recuperato anche un'enorme fetta di torta al cioccolato! 

Sono stata fortunata a non avere problemi di salute durante la gravidanza, ma un mese dopo il parto ho iniziato ad avere qualche difficoltà! Al di là dell'inesperienza di una madre alle prime armi, senza il sostegno della famiglia, l'umidità, le zanzare e le infrastrutture non adatte alle carrozzine mi costringevano a stare dentro casa per la maggior parte del tempo. In Brunei i negozi per bambini sono pochi; carrozzine, culle e prodotti essenziali come i pannolini devono essere ordinati online, ma, a causa del Covid, i tempi di consegna possono richiedere fino a 3 mesi! Anche in questo caso, senza la resilienza, una mentalità forte, mio marito e il supporto delle amich, avrei fatto fatica a resistere! 

Parlaci della tua carriera di coach per gli espatriati. Cosa ti ha spinto a intraprendere questo percorso?

Mentre ero incinta, avevo bisogno di tenermi occupata. Non ero abituata a non lavorare e avevo bisogno di impegnarmi in qualcosa. Così ho deciso di seguire un programma accreditato di coaching. Volevo sfruttare le mie doti personali e combinarle ai 10 anni di lavoro nell'ambito della mobilità internazionale.

Credo che, una volta conclusa la fase logistica del trasferimento, non venga dato abbastanza supporto agli espatriati e alle loro famiglie; di conseguenza, quasi la metà di tutti gli incarichi all'estero non va a buon fine. Fare da coach si allinea con i miei valori e la mia volontà di aiutare le persone a progredire e a raggiungere il successo. Trovo grande soddisfazione nel massimizzare le capacità degli altri. 

Dopo 18 mesi di studio, ho preso la mia qualifica presso l'International Coaching Academy. Sia a livello locale che online, ho seguito le mogli dei militari, aiutandole a riprendere le loro carriere in mano e a crearsi una vita gratificante durante il loro periodo all'estero. Ho anche iniziato a occuparmi di coaching per dirigenti nell'industria petrolifera, aiutandoli a integrarsi con successo nel mondo del lavoro evitando stress, senso di isolamento e sovraccarico mentale. 

Ora il servizio che offro si è esteso e ho clienti nel Regno Unito, a Singapore, a New York, in Australia e negli Emirati Arabi Uniti. Indipendentemente dall'ambito lavorativo del cliente, il mio metodo di coaching permette agli espatriati di adattarsi al nuovo ambiente di lavoro e di identificare e affrontare rapidamente le sfide culturali, familiari e altre problematiche sociali e personali.

Quali sono le principali sfide che gli espatriati devono affrontare, soprattutto in ambito lavorativo, quando si trasferiscono all'estero?

In base all'esperienza dei miei clienti direi che le sfide più comuni sono la solitudine, la perdita di identità, la nostalgia di casa, oltre alla difficoltà di inserirsi nel mondo del lavoro. Adattarsi a una nuova cultura, a un nuovo ambiente di lavoro e a una nuova struttura sociale, senza un sistema di supporto adeguato, è un compito molto difficile. 

Cosa consigli per vincere queste sfide?

Quelli che seguono sono solo alcuni dei suggerimenti che, secondo me, migliorano in modo significativo la produttività degli espatriati sul posto di lavoro e favoriscono la serenità a livello familiare.

  • Siate consapevoli che avrete bisogno di tempo per adattarvi
  • Impegnatevi per fare nuove amicizie
  • Non fate paragoni con il vostro Paese e accettate le differenze 
  • Siate curiosi. Familiarizzate con la nuova cultura. Imparate la lingua
  • Conservate i rituali che avevate a casa e cercate di adottarne di nuovi
  • Ricordate perché avete scelto di essere dove siete

Dovete essere intraprendenti, pieni di risorse e aperti di mente. Pazienza, educazione e determinazione sono di solito la formula vincente. 

In base alla tua precedente esperienza di lavoro in aziende londinesi, pensi che i datori di lavoro mettano sufficientemente l'accento sul benessere dei lavoratori internazionali?

I datori di lavoro dovrebbero avere un approccio più olistico, supportando di più la salute mentale dei loro dipendenti. In base alla mia esperienza con gli ultimi clienti, posso dire che non si fa abbastanza per il loro benessere. E' riduttivo investire solo nella logistica del trasferimento e in un ricco pacchetto retributivo. Senza supporto psicologico, il professionista potrebbe produrre meno e fallire il suo incarico, a discapito dell'azienda.

Anche il/la consorte e i figli hanno bisogno di aiuto. Il coniuge a carico ha, nella maggior parte dei casi, dovuto lasciare il lavoro, le amicizie e lo stile di vita a cui era abituato/a. Dopo il trasferimento si sentirà smarrito e questo stato d'animo lo porterà a dubitare del suo valore. Potrebbero manifestarsi episodi di ansia e depressione che non vanno sottovalutati. 

Come riesci a conciliare lavoro e famiglia?

Posso ritenermi fortunata... il bambino va all'asilo un paio di volte a settimana e questo tempo a disposizione lo uso per dedicarmi al massimo ai miei clienti. 

Quali sono le cose che apprezzi di più e quelle che ti piacciono meno della tua vita da espatriata?

Essere un'espatriata è, allo stesso tempo, l'esperienza più incredibile e più difficile che abbia mai vissuto! 

Conserverò le amicizie e i contatti professionali che ho creato vivendo all'estero e spero che durino a lungo. 

Ho avuto la fortuna di trovare il tempo per avviare la mia attività di coaching. 

Ho iniziato ad apprezzare un ritmo di vita più lento e posso godermi dei bei momenti con mio marito e mio figlio. 

Quello che mi piace di meno della vita da espatriata è, senza dubbio, la lontananza dalla famiglia e dagli amici, soprattutto perché mia madre non può vedere spesso il suo primo nipotino. 

Essere un'espatriata, sia a breve che a lungo termine, è un grande impegno che richiede un enorme sforzo e perseveranza, ma può essere estremamente gratificante.

Dove ti vedi in futuro?

Dal punto di vista geografico, per il lavoro di mio marito, prevediamo di trasferirci in Medio Oriente. Dal punto di vista professionale, spero di espandere ulteriormente la mia attività di coaching. Voglio diventare un'esperta nel mio campo e una coach di riferimento per tanti espatriati! 

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