Dall'Iraq al Nicaragua: il volontariato mi ha cambiato la vita

Interviste agli espatriati
  • Margot
Pubblicato 2022-06-02 alle 10:00 da Nelly Jacques
Margot ha lavorato sia come infermiera che come responsabile di progetti umanitari. Ha vissuto all'estero per molti anni in paesi come il Nicaragua, l'Iraq, la Nigeria e la Colombia. Oggi fornisce supporto e consulenza alle persone che vogliono trasferirsi all'estero.

Di cosa ti sei occupata in passato e come mai hai vissuto all'estero?

Da quando avevo 13 anni sapevo che volevo fare l'infermiera e fare lavoro umanitario. Dopo gli studi in infermieristica, e un po' di pratica in un pronto soccorso di Parigi, ho ripreso gli studi per formarmi in project management e gestione in campo umanitario e sociale. Grazie a queste due professioni ho potuto realizzare il mio sogno di ragazza andando all'estero con una ONG come capo progetto in ambito sanitario. È stata un'esperienza molto arricchente.

Qual è stata la tua prima esperienza all'estero?

La prima esperienza significativa all'estero è stata uno stage di 6 mesi in Nicaragua, mentre studiavo per il Master. Ho vissuto un'esperienza incredibile, ho scoperto un paese magnifico che pochi conoscono, una nuova cultura. Facevo la volontaria presso un'organizzazione locale che lavora nelle scuole, in quartieri molto poveri. Stare a contatto con i bambini mi ha permesso di imparare lo spagnolo velocemente, ho trascorso dei bei momenti assieme agli altri volontari, ma soprattutto ho passato del tempo con i nicaraguensi. Ho amato tutto del Nicaragua: il calore umano, la musica, le persone, i colori... C'è un "prima e dopo" il Nicaragua nella mia vita. Il ritorno in Francia è stato davvero difficile anche se era previsto, perché dovevo finire gli studi. Mi ci sono voluti 8 mesi per riprendermi da questa esperienza e, nel mentre, avevo la sensazione che nessuno mi capisse.

E poi l'Iraq. Puoi parlarci delle condizioni di vita, del tuo lavoro lì, di quello che hai provato?

La mia missione in Iraq, Kurdistan iracheno, è stata indimenticabile. Era il mio primo incarico in una ONG ed ero responsabile di due centri sanitari in due campi per sfollati iracheni, non lontano da Mosul. Ho gestito le equipe sanitarie, l'organizzazione dei centri e tutti i progetti sanitari che si organizzavano nei campi. Ho imparato molto e ho incontrato delle persone straordinarie.

La prima settimana dopo l'arrivo mi chiedevo cosa ci facessi lì, ma mi sono abituata presto al contesto, all'insicurezza, alla cultura tanto diversa da quella francese. Alloggiavo in una casa del villaggio e avevo tre uffici: uno in paese e uno in ogni centro sanitario. L'atmosfera era buona, ho scoperto un'altra cultura, un altro modo di vivere e vissuto situazioni che in Francia non immaginiamo nemmeno!

La Nigeria è stata la tua terza destinazione. Ti è piaciuta questa esperienza? Ce ne puoi parlare?

La Nigeria è stata un'esperienza più dura dell'Iraq, nonostante quello che si potrebbe pensare. I vincoli sulla sicurezza personale erano più rigidi (coprifuoco tra le 19:00 e le 6:00, divieto di camminare da soli per strada…) perché il contesto era più instabile. E poi vivere, mangiare, lavorare, condividere ogni momento della propria giornata con le stesse 16 persone a volte può essere una vera sfida. Ma è un'opportunità per conoscere meglio sè stessi.

La missione stessa era diversa perché consisteva nel creare dei centri mobili di assistenza sanitaria e non di gestire dei centri già esistenti. 
Un'altra differenza era che potevo interagire direttamente con i colleghi perchè parlavano inglese, a differenza dell'Iraq, dove solo il mio assistente lo parlava, il resto del gruppo si esprimeva in arabo o in curdo. Le due esperienze mi hanno insegnato cose molto diverse, sia su me stessa che sulla professione in ambito umanitario.

In seguito sei andata in Colombia. Un'atmosfera completamente diversa. Ci parli di questa esperienza?

Atmosfera e contesto davvero molto diversi. Sono rimasta solo un mese in Colombia per valutare i bisogni della popolazione nella zona di confine con il Venezuela durante la crisi migratoria. Si trattava di una fase di studio per capire se ci fosse la necessità di intervenire. Mentre ero lì ho lavorato a diversi progetti, tra cui visitare una clinica nella giungla, al confine con il Venezuela, per capire se al suo interno si potesse costituire una ONG. È stata un'esperienza diversa rispetto alle precedenti perché ho lavorato, da sola, alla stesura di progetti. In parte mi ha ricordato il Nicaragua. Amo particolarmente i contesti ispanofoni.

Lavorare nel settore umanitario è un modo per fare esperienze in contesti internazionali?

Assolutamente si perchè ti permette di vivere a stretto contatto con la gente del posto e conoscere profondamente la loro cultura. Rispetto a destinazioni più popolari come il Canada, gli Stati Uniti o l'Australia, i paesi dove sono andata in missione sono diversi sia per il modo che per le condizioni di vita. Non sono partita alla ricerca delle comodità, ma per capire cosa stava succedendo nel mondo, per avere una visione più globale di situazioni complesse come i conflitti armati, le migrazioni o semplicemente il vivere in condizioni di precarietà.

Dove vivi adesso? In futuro vorresti tornare a viaggiare?

Oggi vivo a Parigi. Mi sono trasferita qui dopo la Colombia perché volevo dedicarmi a un nuovo progetto professionale sul quale lavoro tuttora. Non volevo più partire in missione e avevo un forte bisogno di stabilità, di riposarmi, di dedicare tempo alla mia vita personale e di riavvicinarmi alla famiglia e agli amici. Non escludo la possibilità di ripartire in futuro, se il lavoro lo permetterà, ma penso che sarà un progetto da affrontare con la mia famiglia. Rimango aperta a qualsiasi evenienza!

Hai deciso di cambiare carriera. Di cosa ti occupi adesso?

Non ho cambiato completamente direzione ma ho unito tutto quello che ho fatto negli ultimi dieci anni per farne un nuovo mestiere: dare supporto sia agli espatriati per tutto quello che riguarda il trasferimento all'estero sia ai francesi che vogliono tornare in patria, con un approccio legato alla "salute".

Io stessa ho avuto delle difficoltà dopo essere tornata in Francia e  questo ha influito molto sulla mia salute mentale, per non parlare dei grattacapi legati alla burocrazia, alla ricerca della casa ecc... Parlando con altre persone rientrate in patria mi sono resa conto che anche loro avevano vissuto le stesse problematiche: procedure amministrative, scolarità dei figli, reinserimento sociale... Così ho deciso di entrare nel settore della consulenza per l'espatrio.

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