Katia ad Anversa: "Amo vivere a tutto tondo!"

L'espatriato del mese
  • Campo di tulipani in Belgio / Ben_Kerckx da Pixabay
Pubblicato 2021-01-04 alle 10:00 da Francesca
Katia è una persona che trasmette positività anche attraverso lo schermo di un computer. Ci siamo conosciute virtualmente grazie al forum di Expat.com ed ho da subito compreso la sua indole aperta agli altri. Insegnante, mamma e moglie, lascia Torino da giovane per seguire il marito nel suo lavoro. Dapprima a Firenze, poi in varie nazioni estere. In questa intervista ci racconta di lei e delle sue passioni, della famiglia e di tutte le esperienze legate all'espatrio.   

 

Ci racconti un po' di te, da dove vieni e quanto tempo fa hai lasciato l'Italia?

Salve a tutti, io mi chiamo Katia, ho 48 anni e sono originaria della bella Torino. Vengo da una di quelle tantissime famiglie di immigrati siciliani che negli anni 60' ha lasciato tutto dietro le proprie spalle, per partire verso il Nord d'Italia con molte valige cariche di sogni e speranze. Sono molto conscia e molto orgogliosa della cultura dalla quale provengo ma anche molto contenta di essere nata, cresciuta e di essermi formata a Torino, dove la mediazione tra la “sicilianità” e la “piemontesità” ha fatto di me quel mélange di colori e di sapori che sono tuttora! 

Se dovessi definirmi in poche parole direi che sono un'insegnante, una madre, una compagna di viaggio, un'amica fedele, una persona votata all'ascolto e all'aiuto degli altri, una creatura socievole e gioiosa che non ha ancora chiaro dove mettere radici e con ancora le farfalle nella pancia, all'idea di ripartire e ricominciare! 

Lasciare l'Italia non è stato mai un “piano” studiato a tavolino e programmato per un preciso momento della mia vita. Ho un ricordo chiaro che da piccola, quando mi domandavano cosa volessi fare da grande, io rispondevo che volevo vedere l'Africa! Non chi volessi diventare, quale professione fare, ma dove volessi andare, cosa volessi vedere con i miei occhi. 

Partire è stata più un'esigenza, una risposta alla mia innata curiosità e apertura per le lingue prima, per le culture e le storie diverse dalla mia poi. E quando ho incontrato il giovane ingegnere neolaureato che sarebbe diventato mio marito, mi sono resa conto che esisteva un'altra persona in Italia che vedeva la realtà con quegli stessi occhi e che aveva voglia di partire. Unire i nostri destini è stata la cosa più naturale di questo mondo! Non sapevo quando, ma mi era chiaro come il sole che un giorno sarei partita.

Quali sono i motivi del tuo espatrio?

A 33 anni lavoravo come una matta per una realtà internazionale nel cuore di Firenze, soffrivo di emicranie lancinanti per i ritmi folli cui ero sottoposta e con mio marito ed il nostro primo figlio di appena 2 anni e mezzo facevamo comunque fatica a creare dei progetti di crescita personale.  

Quello che avevo non era né comodo né sufficiente, tantomeno corrispondente al tipo di serio impegno che stavamo investendo ogni giorno nelle carriere che avevamo scelto. Inoltre, non eravamo completamente soddisfatti delle cure mediche che il nostro bambino stava ricevendo, in modo particolare dell'approccio medico assunto verso le sue problematiche di salute che all'epoca erano ancora avvolte da un alone di mistero. Nella fattispecie, ero anche in collera con il sistema sanitario italiano in quanto è stato il diretto responsabile dei problemi di nostro figlio. Credo nell'istinto, soprattutto quello materno e sentivo che avevo bisogno di ampliare i miei orizzonti per offrire a nostro figlio cure alternative e, preferibilmente, migliori. Quando se ne presentò l'opportunità per mio marito, decidemmo di prendere il volo e di trasferirci in una realtà completamente diversa, a Parigi! 

Io ebbi l'opportunità di reinventarmi professionalmente, iniziando a lavorare part time come insegnante di Italiano. Il bimbo era ben seguito e faceva enormi progressi, la nostra nuova vita richiedeva dei sacrifici (ad esempio lasciammo un appartamento di 130 mq per trasferirci inizialmente in 50mq), ma respiravamo l'aria di qualcosa che ci mancava in Italia: opportunità! E le opportunità sono il grande motore di questa nostra vita. Lo rifarei ad occhi chiusi.

Anversa / Foto di Emmanuel-JR da Pixabay.com

Ora vivi in Belgio. Raccontaci le tue impressioni dopo il trasferimento

Quando mi sono trasferita ad Anversa, nel Settembre 2018, sapevo che non ero arrivata alle Bahamas, ma il drastico cambiamento di tipo climatico l'ho patito dopo qualche mese di cieli grigi. Ho girato tanto negli ultimi 15 anni e la penultima destinazione è stata la Svizzera italiana, con paesaggi limpidi e puliti, molto facilmente mozzafiato. Un po' tutta quella pura bellezza mi manca e ne ho senza dubbio risentito. Non ho fatto la scelta, probabilmente errata, di immergermi nello studio del fiammingo e benché qui si parli molto volentieri in Inglese, trovo che sia sempre corretto fare lo sforzo di apprendere e parlare la lingua del posto, non fosse che nelle situazioni banali della vita di tutti i giorni. Il fatto di non essere "fluent" sento che mi priva in parte della mia spontaneità e limita la mia natura estroversa.

In generale, per sentirmi davvero a casa qui ci ho messo esattamente due anni. Ha aiutato aprire il mio piccolo studio di yoga e sentirmi di nuovo utile e fare parte di un club internazionale che è molto attivo a livello culturale, sociale e filantropico. Ancora una volta, andare incontro ai bisogni altrui e rendersi utili, sposta il focus da sè agli altri e mette ogni cosa in prospettiva.

Sono tanti anni che tu e la tua famiglia vivete all'estero e vi spostate. I tuoi figli si sono sempre adattati con facilità e come hai fatto per prepararli al cambiamento?

È vero, abbiamo lasciato l'Italia più di 15 anni fa e questi anni costruttivi sono volati, perché alcuni dei nostri spostamenti si sono avvicendati in modo repentino, se non concitato. Ma hanno portato molti motivi di crescita per ognuno di noi, quindi non li rinnego assolutamente! Certo sarebbe insincero dire che i nostri figli si sono sempre adattati con facilità, così come non potrei riferire di un modo per prepararli a che possa risultare efficace o indolore, perché per partire ed “arrivare” in un luogo altro dalla realtà che conosciamo sono richiesti grande coraggio, tanta fiducia nell'Esistenza ed una certa dose di follia. Se si è sufficientemente logici e onesti con sé stessi si può tranquillamente asserire che non si è mai davvero “pronti” per scelte così. 
Inoltre i figli ci guardano, ci osservano, ci imitano. Se ci agitiamo, se ci preoccupiamo, se viviamo con apprensione o peggio con sospetto determinate esperienze, loro rispecchieranno nel proprio sentire e comportarsi ciò che in realtà stanno assorbendo da noi. Abbiamo l'enorme responsabilità di improvvisarci mediatori culturali e linguistici, restando comunque le figure di riferimento e di amore che diventiamo il giorno della loro nascita. 

Non so se li abbia mai davvero preparati. Quello che ho forse fatto è stato cercare di preparare al meglio me stessa, tenendo semplicemente a mente questo aspetto. Sbarcare in Nigeria, a Lagos, è stata di gran lunga, per certi aspetti, la più difficile delle esperienze di espatrio che abbiamo fatto e propriamente perché eravamo accompagnati dai nostri due bambini di allora 6 e 2 anni. 

Molti anni più tardi abbiamo affrontato altri timori a Johannesburg, in Sudafrica e a quel punto loro erano più maturi e consapevoli di determinati rischi. Eppure è in questi luoghi che i miei figli hanno appreso a non dare mai per scontati il cibo, l'acqua potabile, la corrente elettrica, la libertà di movimento, la sicurezza e l'incolumità fisica, la parità di quei diritti inalienabili della persona, che il fatto stesso di essere nati in una parte di mondo dove è consuetudine darli per assodati, fa di noi degli inconsapevoli privilegiati! Di ciò che hanno quindi imparato e stanno imparando in forma diretta, dello sguardo che portano sul mondo e sulle cose, sono molto, molto contenta!

Stazione centrale di Anversa / Foto di Funki50 da Pixabay

Come si svolge una tua giornata tipo?

Oddio, dipende un po' dai giorni, e sono molto poco capace di assiduità e disciplina. Nemmeno lo yoga e il fatto di esserne diventata un'insegnante mi ha davvero educata in questo. Ho un orologio interno molto bilanciato però e cerco sempre di alzarmi secondo il mio bisogno fisiologico. A quel punto, se ne ho il tempo, svolgo una breve pratica fisica e meditativa, altrimenti scendo in cucina e mi immetto nel buongiorno di tutta la famiglia. Cerco comunque di essere sempre presente per la nostra prima colazione, un rituale molto importante da noi. 

Di settimana, attualmente insegno tre classi di yoga online alle 9 del mattino ed un paio di altri classi nel tardo pomeriggio. Inserite tra questi due spazi lavorativi ci sono le preparazioni delle suddette lezioni, in tempi a-pendemici magari un thé o un pranzo leggero con un'amica, e poi le commissioni, pratiche burocratiche, scolastiche, spese e tutte le altre poco entusiasmanti e triviali cose che facciamo tutti per vivere più o meno inseriti all'interno della società e che trovo lascino troppo poco tempo per quello che interessa maggiormente. 

Il giovedì è il giorno che dedico alla vita della comunità e alla filantropia. Faccio parte di un club internazionale, The American Women club of Antwerp (AWCA) che si occupa di sostenere alcune realtà locali e altre molto lontane da noi, promuovendo iniziative di sensibilizzazione verso alcuni temi come ad esempio la mutilazione delle parti genitali femminili, il cyber bullismo, la promozione degli SDGs (Sustainable Development Goals). AWCA si riunisce, discute ed organizza raccolte fondi atte a sostenere iniziative filantropiche, creando momenti di scambio interculturale, valorizzazione e crescita personale.  

Il venerdì è il giorno che consacro agli appuntamenti per me stessa, mi preparo a pregustare il weekend, che è sacro e viene autenticamente celebrato da noi. Adesso come adesso è tutto molto diverso e limitato, ma altrimenti il weekend è fatto per gli spostamenti vicini, le amicizie, i momenti conviviali e di condivisione attorno a tavole imbandite di amore e amicizia nutrite da buon cibo e buone vibrazioni che ci ricaricano in modo naturale per cominciare con energia una nuova settimana!

Quanto ti costa al mese, in media, vivere ad Anversa con la famiglia? 
Come giudichi la qualità dei servizi ad Anversa?

La nostra famiglia si è stanziata poco fuori Anversa, non lontano dalla scuola internazionale che dovevamo scegliere, di conseguenza viviamo in una zona più verde e residenziale dove i costi di locazione sono in media più elevati di quelli che avremmo trovato in altre zone della città. Tutto varia parecchio a seconda della metratura e tipologia dell'immobile. Prendere in affitto una casa come la nostra, semi indipendente, può costare dai 1,500€ ai 2,800-3,000€ a seconda della taglia, della posizione e dell'epoca di costruzione. Noi abbiamo fatto questa scelta un po' perché è la tipologia di abitazione più comune in quest'area ma anche perché mi poteva permettere di creare in casa un mini studio di yoga da usare per insegnare. Le spese di elettricità e gas possono orientarsi su una media di 150€ mensili; la copertura medica obbligatoria di base si situa sui 150-200€ l'anno ai quali bisogna poi aggiungere altri costi che variano a seconda dell'integrazione privata scelta ad esempio per l'opzione di ricovero ospedaliero o per le coperture dentistiche ed ortodentistiche. 

Per riempire un carrello della spesa per una famiglia di quattro persone, in media si spende un po' come in Francia e nelle grandi città europee, tutto è comunque in media più caro che in Italia. Mangiare fuori, a secondadelle opzioni di livello qualità scelte, è più costoso che in Italia ma come sempre bisogna essere un po' fortunati ed imparare a scovare i posti “giusti” nei quali esiste un buon rapporto qualità-prezzo.

I servizi medici ed ospedalieri sono in media molto efficienti e celeri e di qualità medio-elevata. L'autostrada non si paga, ed è una cosa che mi ha sorpreso in positivo, ma si tenga presente che il livello di tassazione in Belgio è tra i più elevati in Europa, decisamente più alto che in Italia.
Burocrazia e procedure di ufficializzazione ingresso in Belgio e residenza potrebbero essere più snelle ma noi ci siamo trovati bene e avendo vissuto in Svizzera, dove queste toccano l'eccellenza, possiamo dirci senza dubbio abbastanza viziati. Aprire e modificare lo statuto di un'attività professionale indipendente l'ho trovato sufficientemente agile e rapido, nonostante le difficoltà di origine linguistica. Nell'insieme trovo che il sistema di vita e di servizi offerti dal Belgio siano alquanto buoni.

Anversa / Foto di HarryFabel da Pixabay

Quali sono le tue passioni?

Io amo lo yoga, la montagna ed il mare, e rigenerarmi fisicamente e psicologicamente sotto il sole di luoghi che mi rimettono il contatto diretto con la natura. Quando ne ho la possibilità mi piace molto fare trekking come quando vivevo ai piedi delle Alpi in Piemonte o in mezzo ai monti, nel Ticino svizzero. Amo moltissimo viaggiare ed imparare il più possibile la storia e le tradizioni di luoghi che ancora non conosco. Amo l'arte e visitare musei e gallerie; amo andare a teatro: dal balletto alla commedia, dalla lirica ai concerti classici e contemporanei, tutto. Amo ammirare l'estro ed il talento umano in tutte le forme d'arte nelle quali esso si esprime! 

Ho la passione per le parole e quindi ogni tanto scrivo: ho scritto delle poesie, una fiaba, dei racconti di vario genere. Poi amo leggere ad alta voce e adorerei lavorare alla realizzazione degli audiolibri, ad esempio, perché mi piace dare vita alle voci dei personaggi delle storie. 

Amo programmare degli eventi culturali o professionali, abbracciando ponti di collaborazione con altri professionisti, soprattutto se donne. Credo molto fortemente nelle donne, nella necessità di costruire una rete di solidarietà umana ma in modo particolare femminile che consenta alle donne di spalleggiarsi con generosità, fiducia e amicizia disinteressata. Quindi ho la passione per i progetti che mettono al centro il benessere, lo sviluppo, l'equilibrio e la felicità delle donne. 

In generale, amo approfondire le mie conoscenze, cucinare, rilassarmi, fare sport, fotografare, socializzare, vivere a tutto tondo! E ho la passione per il siciliano, il dialetto parlato dai miei nonni e dalla mia famiglia d'origine; ho letto e riletto tutto Camilleri!

Avete dei progetti per il futuro?

Fare progetti futuri è la cosa nella quale siamo meno bravi. Tutte le volte che ne abbiamo fatti li abbiamo visti saltare, quindi credo che il nostro unico, vero progetto sia quello di cercare di dare una certa continuità ai nostri figli perché entrambi terminino la scuola superiore all'interno dello stesso sistema internazionale nel quale sono entrati, con l'arrivo ad Anversa. Il più grande è quasi giunto al termine del ciclo e si prepara ad iniziare gli studi di legge in Inghilterra, il più giovane ha ancora 4 anni di liceo internazionale davanti a sé ed attualmente stiamo mettendo in questione Anversa per Parigi. 
Un ritorno a Parigi sarebbe quasi naturale, poiché è da lì che il nostro interessante pellegrinaggio ha avuto inizio. Ma l'unico modo per affrontare ogni progetto è un passo alla volta, anzi, un respiro alla volta. E godersi tutto il percorso nel frattempo.