Settimana lavorativa di quattro giorni: incentivo per andare a lavorare all'estero?

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Pubblicato 2022-11-25 alle 10:00 da Asaël Häzaq
Considerata come una tra le nuove soluzioni di flexicurity, la settimana lavorativa di quattro giorni sembra avere molti vantaggi. I lavoratori più giovani, soprattutto quelli della generazione Z, sono particolarmente favorevoli a questa opzione. Mentre i sociologi studiano il fenomeno, alcuni Paesi stanno sperimentando questo sistema di lavoro conducendo test su larga scala. Che impatto ha la settimana lavorativa di quattro giorni sulla vita degli espatriati? Potrebbe rientrare tra i criteri di scelta della tua prossima destinazione?

La settimana di quattro giorni sta prendendo piede

Meno ore per i dipendenti Unilever, ma con lo stesso stipendio. Dopo aver testato questo sistema di lavoro per 18 mesi su 80 dipendenti in Nuova Zelanda, dal 14 novembre anche 450 lavoratori della sede australiana inizieranno a lavorare quattro giorni a settimana. La prova effettuata in Nuova Zelanda (durante la pandemia) è andata bene. Gli impiegati hanno dato prova di autonomia, efficienza, senso di responsabilità, senza compromettere la produttività. Un circolo virtuoso che Unilever vuole sviluppare su scala più ampia.

Questo tipo di sperimentazione si sta diffondendo in tutto il mondo. L'idea non è nuova: tra il 2015 e il 2019 l'Islanda ha testato questo approccio lavorativo su 2.500 dipendenti. Il risultato è stato positivo. Nessun calo di produttività, al contrario. I dipendenti si sono dimostrati più coinvolti nel loro lavoro, più positivi e soddisfatti di sé stessi, meno stressati. Dallo scorso giugno, anche il Regno Unito ha iniziato a testare la settimana corta su circa 3.000 dipendenti di 60 aziende. La prova, della durata di sei mesi, sta per finire. Ai lavoratori, questo approccio è piaciuto fin da subito. Quando interpellati, sia gli autoctoni che gli espatriati dicono di aver pensato a come sfruttare al meglio il giorno di riposo. La maggior parte di loro ha dichiarato di voler trascorrere più tempo in famiglia. Gli altri hanno previsto di fare più attività sportiva, di uscire, fare volontariato... e di riposare.

Scozia, Spagna, Stati Uniti, Giappone seguono a ruota. In Belgio, la settimana di 4 giorni rientra in una nuova politica volta a rendere più flessibili gli orari di lavoro. In Francia, un terzo delle aziende dichiara che la introdurrà a breve (indagine Robert Half del giugno 2022).

Impatto della settimana di quattro giorni sull'espatrio

Lavorare 4 giorni a settimana è un incentivo sufficiente per espatriare? Non proprio. Ma è un indubbio vantaggio, a patto che lo stipendio rimanga invariato. Come per gli abitanti del luogo, anche gli espatriati ci tengono ad avere una buona qualità di vita. In effetti, molti di loro si trasferiscono all'estero per migliorare la propria condizione, conciliando la carriera con la sfera privata. La settimana corta sembrerebbe avere solo vantaggi quindi: il nuovo ritmo di vita permetterebbe loro di esplorare l'ambiente in cui vivono, di perfezionare le conoscenze linguistiche, di dedicarsi a nuove attività... Ma bisogna fare attenzione al burnout.

La settimana di 4 giorni significa fare in 4 giorni quello che si farebbe in 5? Normalmente no. Si tratta piuttosto di riorganizzare tutto il lavoro, comprese le riunioni, gli incarichi e i progetti, con un nuovo approccio: in ufficio 4 giorni a settimana. Il tempo lavorato non cambia: dalle 35 alle 40 ore, a seconda del leggi del Paese.

Nella pratica, molti dipendenti ammettono di lavorare di più, soprattutto quelli in telelavoro. Gli studi condotti durante il Covid hanno evidenziato gli effetti indesiderati del telelavoro (anch'esso in forte espansione): le persone rispondono alle e-mail nei fine settimana, la sera, a tutte le ore. Gli espatriati non sono esenti da questa condizione. Che si siano appena trasferiti, che stiano assumendo nuovi incarichi o che lavorino da molto tempo, potrebbero voler fare di più per dimostrare di essere capaci quanto gli altri. A volte entrano in competizione con i professionisti locali, vogliono dar prova delle loro competenze e si lasciano sfuggire, senza volerlo, i vantaggi della settimana di 4 giorni.

Più benessere, maggiore produttività?

Nel 2019, la Microsoft in Giappone ha testato la settimana lavorativa di 4 giorni. La produttività è aumentata del 40%. La prospettiva di avere un giorno libero in più ha aumentato l'efficienza dei dipendenti. I detrattori mettono invece l'accento sul rischio di una riduzione della produttività. Gli studi però dimostrano che è vero il contrario, o almeno che non c'è un calo (sebbene sia lecito dubitare che gli aumenti di produttività siano così elevati).

Il vantaggio principale della settimana di 4 giorni è il miglioramento della qualità di vita. Un beneficio che porta ad altri. I dipendenti dicono di essere meno stressati e più coinvolti nel loro lavoro. Si sentono più apprezzati e liberi di svolgere le proprie mansioni in autonomia. La settimana corta aiuta anche l'ambiente: meno pendolarismo, meno email, meno inquinamento digitale. Alcune aziende stanno attuando una vera e propria "rivoluzione verde" a vantaggio sia dei dipendenti che del pianeta.

Per essere davvero efficace, la settimana di 4 giorni deve implicare un lavoro di squadra dove l'azienda è attivamente coinvolta, altrimenti causa solo stress (fare in 4 giorni quello che prima si faceva in 5). Va detto però che questa modalità di operare non si adatta a tutti i settori. In ambito sanitario, infatti, si concilia a fatica.
Nel settore della ristorazione, di contro, qualcuno la sta sperimentando. A Lille, una grande città nel nord della Francia, lo chef stellato Florent Ladeyn si è convertito alla settimana corta facendo suo il motto: "Preferisci dare il 110% per quattro giorni, o l'80% per cinque?". A detta dei suoi 65 impiegati, questo metodo funziona. Per lo chef, questo dimostra che un cambiamento di mentalità nel mondo della ristorazione è possibile.