Espatrio: quando il sogno si trasforma in un incubo

Vita quotidiana
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Pubblicato 2022-01-26 alle 00:00
La vita all'estero è spesso idealizzata, soprattutto su Instagram dove vengono pubblicati scatti che fanno sognare. Queste immagini da copertina possono creare invidia nelle persone, ma c'è un rovescio della medaglia che sfugge alla rete. L'espatrio può anche essere sinonimo di solitudine, malessere e shock culturale. Expat.com dà voce ad alcuni espatriati che ci raccontano la loro verità.

Espatrio ≠ Vacanza

Adèle vive in Australia da 2 anni: "Da quando ho lasciato la Francia, ho riscoperto me stessa. Non mi aspettavo un'esperienza così forte. Vivere all'estero non è tutto rose e fiori. L'idea che noi viaggiatori con lo zaino in spalla siamo spensierati e passiamo le giornate sorseggiando vino in cartone, è inesatta. E' dura, molto dura, perché è una condizione che ti costringe a metterti in discussione. Mi sono spesso chiesta se non fossi un po' egoista ad essermi allontanata dalla famiglia. L'espatrio mi ha anche permesso di scoprire il significato di vita in gruppo. Vivo giorno e notte con altre persone, dato che condivido casa e lavoro in una fattoria. Non c'è tempo per guardarsi dentro. Niente è andato come avevo immaginato. Nonostante tutto, ho imparato molto e sono cresciuta. Oggi guardo le cose in modo diverso e sono orgogliosa di ciò che sono diventata grazie a questa esperienza".

Sogno vs realtà

Estelle voleva solo una cosa: vivere a Parigi. Alex sognava di lasciare la Francia per vivere tra gli animali endemici della Nuova Zelanda. Per Estelle, Parigi era elegante e romantica, per Alex la Nuova Zelanda era il paradiso di chi ama la natura. Entrambi sono rimasti estremamente delusi perchè hanno vissuto un'esperienza diversa da quella che si aspettavano. "Vengo dalla Nuova Caledonia, ho sempre amato Parigi e ho deciso di iscrivermi all'università in Francia. Poco dopo il mio arrivo, ho iniziato a sentirmi sola. Le persone che ho incontrato erano molto individualiste e ho avuto difficoltà a fare amicizia. C'è pochissima solidarietà, soprattutto per strada dove le persone non alzano gli occhi neanche se fai loro una domanda. Ho deciso quindi di trasferirmi a Londra, una città che mi rispecchia di più".

Alex e la sua ragazza, sbarcano a Christchurch nell'ottobre del 2019: "È stata una doccia fredda: non aspettatevi di trovare un kiwi o un kea (sono degli uccelli tipici del posto) a curiosare nel vostro giardino. La Nuova Zelanda è soprattutto un gigantesco pascolo per l'industria ovina e bovina. Le strade sono costeggiate da prati recintati con filo spinato. Nienti spazi verdi ampi e rigogliosi. Gli unici animali endemici che abbiamo visto erano tenuti in cattività per la salvaguardia della specie". Questi due giovani francesi sono rimasti sorpresi anche nel vedere che molte persone si divertivano a sfrecciare a tutto gas sulle spiagge selvagge del paese.

Problemi logistici

Sempre in Nuova Zelanda, Alex e la sua ragazza hanno avuto difficoltà a trovare lavoro e un alloggio decente. Alex testimonia: "Dopo una serie di esperienze professionali negative, abbiamo fatto domanda per lavorare in un "resort" nell'Isola del Sud. Siamo riusciti a passare i colloqui telefonici e avremmo dovuto iniziare a inizio di questo mese. Stupendo! Acquistiamo un'auto, informiamo il padrone di casa dell'imminente partenza, e sia io che la mia ragazza diamo le dimissioni. Contattiamo quindi il resort, mandiamo una prima mail, poi una seconda... nessuna risposta. Chiamiamo in reception ma non ci risponde nessuno. Siamo stati lasciati a piedi, per l'ennesima volta. Quando invece è successo che avessimo il lavoro, l'alloggio era un disastro. Una volta abbiamo trovato impiego a Opotiki, una città stupenda, ma la casa era insalubre. Un'esperienza orribile. Se un'enciclopedia cercasse un'illustrazione per definire la sporcizia, una foto degli interni sarebbe andata bene. Le maniglie dell'armadio e dei cassetti erano appiccicose, il bagno era coperto di calcare e di dentifricio, c'erano piatti sporchi nel lavello... La stanza che ci era stata assegnata era polverosa e nell'armadio c'erano dei pacchetti aperti di biscotti mezzi mangiati. Ovviamente abbiamo rifiutato l'offerta di lavoro e siamo andati a cercarne un altro".