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Vivi all'estero e ti senti solo? Ecco come riconnetterti

young woman sitting alone
SergioPhotone / Envato Elements
Scritto daDónall Donnelly il 27 Novembre 2025

Trasferirsi all'estero viene spesso dipinto come un'avventura: nuove lingue da imparare, sapori da scoprire, amicizie da costruire e opportunità da cogliere al volo. E perché non dovrebbe essere così? I social sono pieni di piazze baciate dal sole, mercati colorati, uffici all'avanguardia e quel brivido di libertà che ogni viaggio porta con sé. Ma dietro quelle immagini impeccabili, per molti espatriati si nasconde un lato più silenzioso: la solitudine, l'isolamento, la fatica di trovare davvero il proprio posto. È la parte della storia che non compare su Instagram, ma che pesa un po' di più ogni giorno finché non si riesce a sentirsi, finalmente, a casa.

Come psicoterapeuta, incontro ogni giorno persone che hanno scelto con coraggio di vivere e lavorare all'estero. Arrivano cariche di ambizione e speranza, ma con il tempo un peso invisibile comincia a farsi sentire: è il costo emotivo della disconnessione. All'inizio è difficile riconoscerlo per quello che è. Lo si maschera con frasi come: "Dovrei essere felice, qui ho tutto quello che volevo", "Non capisco perché mi sento così giù", "Non mi riconosco più". Dietro a queste parole si nasconde spesso un'unica realtà: la solitudine.

La solitudine non è la stessa cosa dell'essere soli

La solitudine non è la stessa cosa dell'essere soli: non è semplicemente l'assenza di persone attorno a noi. Molti espatriati trascorrono le giornate circondati da colleghi, compagni di studi o coinquilini, eppure dentro si sentono scollegati dal mondo. Perché succede? Perché ciò che davvero conta non è il numero di interazioni, ma la profondità dei legami che riusciamo a costruire. Nell'era dei social, in cui possiamo parlare con tutti e con nessuno allo stesso tempo, questa differenza è più evidente che mai.

Vita domestica

A casa, amicizie e famiglia si intrecciano naturalmente nella vita di tutti i giorni: una tazza di tè al volo con un fratello ha il sapore della rassicurazione, una chiacchierata con il vicino che conosci da sempre può trasformarsi in una battuta capace di risollevarti l'umore. 

Una serata fuori con amici che conosci dall'infanzia può riaccendere un senso di appartenenza e spontaneità: possono passare mesi senza nemmeno un messaggio, ma quando la connessione si ristabilisce porta un sollievo immediato. Sono interazioni che funzionano come ancore invisibili, quelle che ci tengono radicati. Quando ti trasferisci all'estero, quelle ancore si sciolgono. Anche se nuove amicizie arrivano in fretta, serve tempo perché raggiungano la stessa profondità, la stessa storia, quella comprensione implicita. C'è una magia nel parlare con qualcuno che ti capisce subito, che viene dallo stesso posto, con gli stessi riferimenti culturali: non devi spiegare niente!

I sintomi silenziosi della solitudine tra gli espatriati

E' raro che la solitudine si annunci in modo esplicito: arriva in silenzio, mascherata da stanchezza, irritabilità o da un senso indefinito di non appartenenza. Per chi vive all'estero può assumere forme sottili: le domeniche sera, senza il conforto delle cene in famiglia o delle abitudini di casa, possono diventare particolarmente pesanti, con la settimana davanti che appare vuota. Con il tempo potresti ritrovarti a condividere meno, perché i piccoli dettagli della vita quotidiana sembrano troppo difficili da spiegare a chi è lontano. E a volte può affacciarsi anche il dubbio di aver fatto la scelta giusta, pur sapendo che, sulla carta, tutto sembra funzionare. In questi momenti, anche la fiducia può vacillare: parlare una seconda lingua, orientarti in sistemi sconosciuti e doverti adattare continuamente può farti sentire più vulnerabile, più dipendente e meno sicuro di quanto vorresti.

Perché è importante

La solitudine cronica non riguarda semplicemente l'essere un po' tristi: la ricerca mostra che è collegata a stress, ansia, depressione, disturbi del sonno e persino problemi fisici come l'abbassamento delle difese immunitarie, e lo vedo ogni giorno nella mie sedute online. Per gli espatriati questo può generare un vortice pericoloso: sentirsi soli rende più difficile aprirsi, e non aprirsi approfondisce la solitudine. Vedo spesso questo loop auto-perpetuante nei miei clienti: proprio quando avrebbero bisogno di essere estroversi per andare avanti, manca la forza mentale di farlo.

In cosa aiuta

La buona notizia è che la solitudine non è una condanna a vita: con un po' di attenzione verso sè stessi e alcuni passi mirati, ho aiutato molti espatriati a ricostruire connessioni significative e a ritrovare l'equilibrio che mancava nelle loro vite. Anche se non è possibile riassumere qui ogni approccio terapeutico, ecco alcuni semplici passi che possono aiutarti a riconnetterti con ciò che ti fa stare bene e ti fa sentire te stesso.

Riconoscere i fattori scatenanti

Per molti espatriati, la solitudine non compare per caso ma segue schemi ricorrenti: analizza quando e dove emerge, nei weekend tranquilli, durante le vacanze lunghe o  magari dopo aver scrollato i social, che sembrano sottolineare tutto ciò che ti manca. Monitorando questi momenti, inizi a distinguere i fattori esterni, come l'isolamento sociale o la distanza dalle persone care, da quelli interni, legati ai pensieri e alle emozioni che riaffiorano nei momenti di maggiore introspezione. Rivedere questi schemi ogni settimana può aiutarti ad anticipare i periodi in cui sei più vulnerabile e, con il tempo, questa consapevolezza ti permette di costruire strategie più sane: programmare connessioni, routine o momenti di cura personale proprio attorno a quei giorni e a quei luoghi che tendono a far emergere la sensazione di disconnessione.

Interpersonale 

Quando si tratta di alleviare la solitudine all'estero, punta sulla profondità, non sulla quantità: un'amicizia autentica vale molto più di una manciata di conoscenze superficiali. Focalizzati su quei contesti in cui i legami nascono in modo naturale, come gruppi comunitari, scambi linguistici o attività di volontariato, che spesso attirano persone alle prese con sfide simili alle tue. Anche l'ambiente in cui vivi conta: assicurati che sia sicuro, accogliente e pieno di piccoli dettagli che ti sollevino l'umore - luce naturale, oggetti familiari, angoli confortevoli che ti facciano sentire più stabile. E ricordati che parlarne fa la differenza: che sia con un professionista, un vecchio amico di fiducia o qualcuno che hai appena conosciuto, creare uno spazio in cui poter dare un nome alla tua solitudine può essere profondamente terapeutico. A volte, sentirsi davvero ascoltati è il primo passo per tornare a casa.

Emotivo 

L'espressione emotiva è un potente antidoto alla solitudine: dare un nome e una voce ai tuoi sentimenti convalida ciò che stai vivendo e alleggerisce il peso silenzioso dell'isolamento. Prova a tenere un diario, registrare note vocali o incanalare le tue emozioni attraverso l'arte o la musica: qualunque cosa ti aiuti a esprimere ciò che le parole non riescono sempre a contenere. Come musicista, trovo che questo tipo di rilascio creativo sia profondamente auto-lenitivo. Vale anche la pena esplorare ciò che potrebbe nascondersi sotto la superficie della solitudine: un dolore non elaborato, un senso di vergogna o la paura di uscire dalla tua zona di comfort. E soprattutto, normalizza queste emozioni: lascia andare l'idea che i sentimenti difficili siano qualcosa da sistemare; fanno parte dell'essere umano. La solitudine non è un difetto, ma un segnale universale di bisogno di connessione, qualcosa che ognuno sperimenta, in modo diverso, in almeno un momento della propria vita.

Cognitivo 

Inizia a darle un nome. Dire semplicemente: "Mi sento solo" richiede un vero coraggio, ma farlo alleggerisce subito quella vergogna che spesso si porta dietro. Significa ridefinire la solitudine non come un fallimento personale, ma come un bisogno umano fondamentale. Portala alla luce: così facendo le togli gran parte del potere che esercita su di te. Da lì, inizia a mettere in discussione quei pensieri poco utili che amplificano l'isolamento, come "Non sono degno d'amore" o "A nessuno importa". Prova a vedere la solitudine come un invito ad agire, a tendere la mano, a riconnetterti. Può aiutare anche affidarti a brevi affermazioni come "Sono degno di avere dei contatti", "Questa sensazione passerà". Promemoria semplici ma costanti come questi possono accompagnarti attraverso i momenti di disconnessione con più auto-compassione e resilienza.

Immagini

La riscrittura delle immagini può essere uno strumento potente per alleviare la solitudine. Quando affiorano immagini isolanti o dolorose - magari scene di rifiuto o di esclusione - prova a sostituirle in modo consapevole con immagini più compassionevoli o cariche di speranza. Visualizza te stesso circondato da calore e comprensione: la presenza di un amico, un luogo che ti conforta e ti fa sentire al sicuro, o il ricordo di un momento in cui ti sei sentito amato. Queste immagini positive possono aiutare a modificare il tuo stato emotivo e a ricordarti che legame e appartenenza fanno parte della tua esperienza. Quando le immagini intrusive tornano a farsi sentire, radicati con gentilezza nel momento presente e nelle prove concrete del fatto che sei apprezzato: le persone che si prendono cura di te, i momenti condivisi e le amicizie che continui a costruire.

Stile di vita

Mantieni vivi i tuoi rituali. Se, quando eri a casa, avevi l'abitudine di fare una passeggiata o concederti un caffè a un certo orario, prova a riproporre qualcosa di simile anche nel tuo nuovo contesto: le routine, anche le più piccole, possono diventare punti di riferimento, offrendo stabilità quando tutto il resto è sconosciuto, e aiutano a tenere a bada l'ansia. Dedica tempo alla luce naturale: uscire all'aria aperta contribuisce a sollevare l'umore e ad alleviare i momenti di tristezza. In più, supporta il tuo benessere emotivo con i “soliti fondamentali”: esercizio regolare che ti piaccia davvero, pasti equilibrati ricchi di omega-3, buona idratazione e consumo moderato di alcol, che può intensificare la sensazione di solitudine. Dai priorità a un sonno di qualità per regolare l'umore e rafforzare la resilienza, integrando semplici pratiche di mindfulness o meditazione per restare ben radicato nel presente. Infine, limita il tempo eccessivo davanti agli schermi e riscopri i piaceri offline: cucinare, leggere, ascoltare musica o coltivare hobby creativi che nutrono, invece di intorpidire.

Per gli espatriati all'ascolto

Per gli espatriati che leggono queste parole riconoscendosi almeno un po', sappiate questo: non c'è nulla di sbagliato in voi e non siete gli unici a sentirvi così. Permettetemi di raccontarvi una storia che, forse, riesce a racchiudere quella disperazione silenziosa e quella confusione profonda che spesso accompagnano la solitudine di chi si è trasferito in un altro Paese.

Di recente, una mia cliente, che mi ha gentilmente autorizzato a condividere questa storia - mi ha raccontato del suo viaggio di rientro dal lavoro. Avrebbe dovuto essere un momento del tutto normale, insignificante. Ma, come spesso accade quando siamo già al limite, la vita ha deciso diversamente. A causa di una tempesta, i treni sono stati cancellati, c'era confusione sui binari e una serie di autobus sostitutivi da prendere. A metà del percorso, il servizio si è fermato di nuovo. La batteria del suo telefono era quasi scarica e stava cercando di inviare una candidatura per un lavoro nel suo Paese, mentre la connessione andava e veniva tra un tunnel e l'altro. Doveva anche riuscire a collegarsi all'ultima riunione di lavoro della giornata da casa e, nella fretta, è inciampata su un marciapiede, è caduta rovinosamente e si è ferita alla gamba. Il telefono è volato a terra, schermo in frantumi. Quando finalmente è riuscita a salire su un treno, si è seduta sudata, senza fiato, con il sangue che le colava lungo la gamba. E poi, da qualche parte vicino a lei, ha sentito un uomo anziano parlare con l'accento del suo Paese. Quel tono morbido e familiare l'ha bloccata sul posto. Mi ha detto: "In quel momento avrei solo voluto abbracciarlo, e farmi abbracciare". 

In quell'istante, si è sentita travolta da un'ondata di emozioni: frustrazione, senso di smarrimento, solitudine e un forte desiderio di tornare a casa, pur sapendo che quella casa, ormai, non esiste più nello stesso modo. Si è sentita sospesa tra due mondi, senza appartenere davvero a nessuno dei due.

Una visione umanistica

Come terapeuta, ritengo che la solitudine non sia semplicemente un "problema da risolvere", ma un segnale del nostro profondo bisogno di appartenenza e di amore. Nell'approccio umanistico, la solitudine è vista come un invito ad ascoltarsi: cosa manca? Cosa desideri davvero? Spesso, quella sensazione così pesante ci sta parlando di qualcosa di profondamente umano: il bisogno di sentirci visti, riconosciuti e accettati.

Pensiero finale

La solitudine è una delle sfide più comuni, e allo stesso tempo meno nominate, che gli espatriati si trovano ad affrontare. Parlarne non è un segno di debolezza: è un gesto di coraggio e un primo passo verso la guarigione. Vivere all'estero porta sempre con sé sia la luce che l'ombra, l'avventura e la fatica. La solitudine può far parte della tua storia, ma non per questo deve definirti. Con il supporto giusto, puoi ritrovare connessione, appartenenza e quel tranquillo senso di "casa" che non si identifica con un luogo preciso, ma con le persone e con il tipo di comprensione che costruisci intorno a te.

Vita quotidiana
A proposito di

Hi there, I am a psychotherapist. I offer online counselling and coaching for people facing life’s harder moments, with empathy, experience and no judgement. You don’t need to be in crisis to get support. And you don’t have to figure it all out on your own. At Optimal Counselling, I believe everyone deserves the chance to live with clarity, confidence and connection, no matter where they are in the world or what they’re facing. This isn’t about fixing you. It’s about helping you understand what’s happening, find the right tools and build a life that feels more like your own. I believe therapy should feel human, not clinical. It should move at your pace and give you something real to hold onto. It’s not just about feeling better, it’s about living better. I can be contacted on www.optimalcounselling.ie

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