Au Vent Mauvais - A Traveler in Residence

L'espatriato del mese
  • Au Vent Mauvais - A Traveler in Residence
Pubblicato 2016-11-01 alle 07:53 da Expat.com team
Di città più o meno visibili che fanno da sfondo a libri, a fumetti o a una delle tante epifanie che, ogni tanto, ho creduto mi avessero svelato il senso della vita.

Parlaci di te: chi sei e da dove vieni?

Mi chiamo Valeria Nicoletti e sono salentina, cresciuta in riva allo Ionio. 
Ho lavorato come giornalista in Italia e all'estero, per la stampa locale, testate nazionali, brevi esperienze in radio e televisione.
Scrivo da quando ho memoria, amo lavorare con le parole e i libri, ho studiato letteratura e ho seguito le tracce dei romanzieri noir francesi prima e degli scrittori migranti poi. 
Accanto alla scrittura, ho fatto tanti altri lavori, la hostess, la commessa, l'interprete, la cameriera.
Oggi vivo a Montmartre a Parigi. 

Qual è il tuo Paese d'espatrio? 

Vivo in Francia, paese dove sono arrivata con un biglietto di sola andata nel 2010, contando di restarci solo per tre mesi, per migliorare il mio francese e curiosare nei bistrot di Parigi. Invece, tra partenze, pause di riflessione e andate  e ritorni, è ormai da sei anni che sono legata a questa città. 

Quali sono i motivi principali per cui hai deciso di andare a vivere all'estero?

Per essere precisi, la Francia era la mia seconda scelta. 
La mia destinazione, all'inizio, era Algeri. Poi Marsiglia. 
Solo per un caso fortuito sono finita a Parigi, per uno stage al servizio stampa dell'Ambasciata d'Italia. È stato un amore a prima vista con la città e ho fatto di tutto per restarci, compreso un viaggio Matera-Parigi in macchina. 

Come si è svolto il processo di adattamento in Francia?

Sono arrivata in Francia, sicura del mio francese, dopo tredici anni di studio della lingua e della grammatica.
La mia sicurezza ha iniziato a vacillare quando la mia coinquilina mi disse che le sembrava di condividere la stanza con Flaubert e quando mi resi conto della mia incapacità di seguire le conversazioni dei miei nuovissimi amici parigini al tavolo di un caffè. 
La lingua, quella vera, parlata, è stata sicuramente la sfida più appassionante dei miei anni all'estero, una sfida che penso d'aver vinto, oggi che mi capita addirittura di sognare e pensare in francese.
Per il resto, l'adattamento qui a Parigi è andato benissimo. È una città dove i trasporti funzionano benissimo, la metropolitana, gli autobus ti portano ovunque e si ha la sensazione di avere la città in tasca appena arrivati.
Una sensazione di adrenalina che ricordo benissimo. 

Ti sei trasferita da sola o con la famiglia?

Sono arrivata da sola, con una valigia carica di sogni, nell'ormai lontano 2010.
Oggi siamo in tre, più due gatti e un cane. 

Sei una blogger, come si chiama il tuo blog e quando hai cominciato a scriverlo?

In direzione ostinata e contraria rispetto a tutte le regole di SEO, il mio blog è in italiano, tranne rare eccezioni, ma ha un titolo in francese e un altro in inglese, Au Vent Mauvais, storie di una Traveler in Residence.
Ho cominciato a scriverlo in un ostello a pochi metri da Times Square, quand'ero a New York da pochissimi giorni, circa cinque anni fa, per mettere ordine nel caos di pensieri che mi aveva travolto all'arrivo negli Stati Uniti.

Da dove nasce il titolo del blog?

Au Vent Mauvais (per i non francofoni, si pronuncia “o van movè”) è il vento cattivo, che d'autunno scuote le foglie morte di Verlaine, che si porta via Gainsbourg dopo la fine di un amore, e quello che mi ha condotto verso un paio di scelte sbagliate negli ultimi anni.
A Traveler in Residence è un'immagine presa in prestito dalla scrittrice irlandese Maeve Brennan. Racchiude insieme i viaggi, l'idea di casa, la curiosità, il restare nomade anche se ormai si vive da locali in una città straniera, sentirsi fuori luogo tornando a casa o sentirsi inaspettatamente a casa in un posto in cui si mette piede per la prima volta, tutti sentimenti familiari a chi si porta dietro la vita in uno zaino, anche solo per pochi mesi, e a chi ha scelto come casa non quella scritta sulla carta d'identità, ma qualcosa di più inafferrabile, un momento, una strada, l'angolo di una piazza, un bar, una persona.

Che tematiche tratti nel blog?

Mi piace raccontare le mie scoperte quotidiane in città.
Sono sempre stata convinta che un animo viaggiatore riesca a saziarsi anche cambiando strada per andare al lavoro o a prendere il pane, nel proprio quartiere.
Una nuova scorciatoia, un angolo della mia città finora inesplorato, vagabondaggi letterari e geografia emozionale, una cartografia della mia vita e delle mie letture. 

Il blog ti è stato utile per allacciare rapporti di amicizia (virtuali o reali) con altri espatriati?

Attraverso il blog, ho instaurato un vero e proprio dialogo con quelle sparute decine di lettori affezionati che seguono le mie disavventure. È strano ma, grazie a un ritorno, una risposta, un commento, si ha la sensazione di scrivere per qualcuno, di poter dare e avere qualcosa in cambio. E poi c'è una lettrice, una ragazza italiana, residente in Francia, arrivata per caso tra le mie pagine.
Non ci siamo mai incontrate ma abbiamo un piccolo carteggio privato, c'è una empatia particolare, una affinità elettiva, ci scambiano consigli letterari ma anche vere e proprie lettere, conforto e consigli. 

Di cosa ti occupavi in Italia?

I miei ultimi mesi in Italia sono stati un esperimento.
Non avendo un impiego e un domicilio fisso, né alcun tipo di legame, ho cambiato ogni tre mesi residenza, dal nord al sud. Ho fatto ogni tipo di lavoro, esplorato quartieri del mio paese che non conoscevo, ho guidato su e giù per la provincia.
Poi la vita mi ha riportato in Francia.

Cosa fai adesso?

Oggi il mio lavoro a tempo pieno si chiama Émile, mio figlio di quattro mesi.
Vivo in una dimensione parallela fatta di silenzio e ritmi circadiani completamente capovolti, una calma che tuttavia mi ha permesso di scrivere, leggere, dedicarmi a progetti che erano rimasti in un cassetto, come il mio esperimento di turismo narrativo sul Salento, dal nome Stanze, dove cerco di raccontare in maniera inedita una regione che rischia di restare intrappolata in una cartolina. 

Quali sono le differenze principali che hai riscontrato tra lo stile di vita francese e quello italiano?

Sicuramente i Francesi sono dei maestri nell'arte di fare la coda. Perfette file indiane, nessuno cerca di scavalcarti e prendere il posto!
A parte gli scherzi, non credo che i Francesi siano simili agli italiani, come si sente dire spesso.
Siamo due popolazioni molto diverse, con le proprie particolarità e caratteristiche. E con due modi diversi di godersi la vita.  

Lati positivi e negativi della vita di un' espatriata a Parigi…

Per anni sono stata affetta da un un'insoddisfazione cronica per il mio luogo di residenza.
Come Calvino, e ancora prima Baudelaire, desideravo sempre d'essere dove non ero.
Quando ero in Italia, sognavo Parigi, una volta tornata in Francia, ricominciavo a mettere in discussione la mia partenza. Oggi ho finalmente raggiunto un equilibrio e ho fatto pace con la mia vita a Parigi. Una città che ha storicamente un fascino per gli stranieri, dove si respira un'aria diversa, fatta di speranze e sogni che forse si possono realizzare. 
Non cerco di diventare francese. Mi piace sentire la mia alterità, godere del privilegio di essere straniero, è come avere una dimensione altra, una sfumatura in più. 
Per il resto, la cucina, il bel tempo, il mare, non mi sono mai mancati più di tanto, anzi penso che siano un problema solo per chi resta a casa e fa fatica a staccarsi dal proprio quartiere. 

Ci sono degli usi e modi di fare locali che sono entrati a far parte della tua quotidianità dopo il trasferimento?

Ci sono sicuramente abitudini che sono diventate mie nel corso degli anni: andare al cinema il pomeriggio o la mattina, correre al sole non appena si schiarisce il cielo e, in generale, sono molto più organizzata e precisa di un tempo, ma questo è istinto di sopravvivenza in una grande città, brulicante ma rigida come Parigi. 

Che quartiere/zona della città consigli per cercare alloggio?

Oggi abito a Montmartre, a pochi passi dalla Basilica del Sacro Cuore. 
Chi mi conosce sa che non amo particolarmente essere al centro di un quartiere così turistico, dove ogni giorno mi ritrovo a sgomitare tra macchinette fotografiche e selfie stick per tornare a casa, ma è una parte della città che cela angoli splendidi e mi sento fortunata ad abitarci.
Per cercare un alloggio, invece, consiglierei il 20simo arrondissement, dove ho vissuto un anno. Un'area in piena espansione, vicinissima al centro e dove c'è una vera e propria vita di quartiere. 

Cosa ti piace fare nel tempo libero? 

Adoro camminare. Scegliere un quartiere inesplorato e vagare per caso tra le strade, alla ricerca di novità.
Una piazza, una corte nascosta, pagine di libri che si fondono con la storia della città, mi sembra di vivere una caccia al tesoro.
Parigi, poi, spesso ci rinchiude in casa, sommergendoci di pioggia e freddo. Allora riapro i libri, sul comodino ne ho sempre una pila da leggere, ritorno alle mie storie e, da qualche tempo, a piccole creazioni di carta e ai miei esperimenti in cucina. 

Un bilancio della tua esperienza di vita all'estero fino ad oggi...

Parigi mi ha regalato mio figlio, una nuova vita, una versione inedita di me stessa, che non conoscevo, con lati spesso difficili da gestire, una me stessa più critica, più dura forse, ma di cui oggi non potrei fare a meno. Sono contenta di aver preso quel volo sei anni fa.

 

 

Au Vent Mauvais - A Traveler in Residence