I Paesi che devono fare i conti con un esodo di talenti donne

Vita quotidiana
  • femme au travail
    Shutterstock.com
Pubblicato 2023-10-30 alle 06:00 da Asaël Häzaq
In un momento in cui molti Paesi subiscono una fuga di cervelli, alcuni devono fare i conti con un esodo di donne lavoratrici. Le professioniste con qualifiche ed esperienza non esitano a lasciare la nazione d'origine per intraprendere una carriera all'estero. Questi spostamenti a volte sono obbligati, nella speranza di poter vivere liberamente.

Esodo delle donne lavoratrici: le cause

Anche se è difficile stilare classifiche ufficiali, i fatti sono sotto gli occhi di tutti. Nei Paesi del Golfo e del Nord Africa, sempre più donne lavoratrici scelgono di espatriare. Lo stesso vale per l'Iran, dove sono soprattutto le donne con un titolo di studio a lasciare il territorio.

Poche donne sul mercato del lavoro

Le ragioni di queste partenze sono diverse. In primo luogo, le donne sono meno presenti nel mercato del lavoro. In Marocco, ad esempio, il calo del tasso di occupazione femminile è stato definito "strutturale". Nel 2022, secondo l'Haut-Commissariat au Plan (HCP), il tasso di attività in Marocco si attestava al 44,3%, di cui il 19,8% erano donne. La percentuale è in continua diminuzione e si dimezza dopo che si sposano.

Per quanto riguarda quelle che non lavorano, l'HCP rivela che una percentuale compresa tra il 10% e il 23% è impossibilitata a farlo perché il marito o un membro della famiglia glielo impedisce. E quando sono impiegate, il loro stipendio raggiunge a malapena la soglia minima, a volte neanche quella. Le donne, in contrapposizione agli uomini, svolgono mansioni con prospettive di carriera ridotte. L'HCP informa che quasi l'80% delle donne sopra i 15 anni è inattiva. Il divario con gli uomini è del 50% circa.

Qualche progresso e tanti vincoli

Il caso del Marocco è riscontrabile in altri Paesi dove l'assetto politico e culturale ha un impatto diretto sulle donne. Certo, alcuni progressi sono stati fatti. L'Arabia Saudita di Mohammed ben Salmane (MBS) ci tiene a sottolineare gli spettacolari passi avanti fatti dalle donne in ambito lavorativo. L'esecutivo evoca Vision 2030, il piano di MBS per l'economia saudita; un piano lanciato nel 2016, cosiddetto "rivoluzionario", che concede maggiori diritti alle donne. Donne che guidano, lavorano e contribuiscono all'economia saudita.

L'11 gennaio 2023, il Ministro delle Risorse Umane e dello Sviluppo Sociale, Ahmed al-Rajhi, ha aperto il 12° Forum del Dialogo Sociale a Riyadh illustrando i progressi raggiunti. Il tasso di occupazione femminile ha raggiunto il 37% nel 2022, una cifra record. Il settore privato impiega circa 2.2 milioni di uomini e donne sauditi. Anche in questo caso si tratta di un primato, ottenuto grazie al programma Vision 2030. Le riforme attuate dal Principe Mohammed ben Salmane, non concentrandosi sull'occupazione nel settore pubblico (ambito prediletto dai sauditi), hanno permesso di ampliare le opportunità nel privato. E con successo, stando ai risultati. Le donne saudite vengono incoraggiate ad intraprendere mansioni ricoperte principalmente da uomini come macchinista ferroviario, lavori in ambito tecnologico, finanziario... L'allentamento delle restrizioni sul lavoro ha permesso a tante donne di assumere nuove responsabilità.

Allora perché andarsene? Le donne che espatriano parlano di differenza sostanziale tra la libertà sulla carta (o nelle leggi) e la libertà reale. Dietro ai progressi spettacolari per le donne si nascondono maggiori repressioni e controllo, soprattutto per chi osa esprimersi a voce alta. L'Arabia Saudita resta un Paese conservatore.

Donne laureate che espatriano: quando l'unica soluzione è partire

È un circolo vizioso. L'esodo delle donne in carriera è riconducibile a diversi fattori, che hanno un collegamento diretto con il loro ruolo nel mondo del lavoro, ma anche nella società e nella sfera familiare. È all'interno della famiglia che si verificano le prime discriminazioni. Le ragazze sono meno incentivate a studiare, anche quando possono farlo. Qualche progresso si sta comunque facendo. In Egitto, ad esempio, il tasso femminile di scolarizzazione ha raggiunto il 49,2% nel 2021. Ma questo dato non si traspone a livello d'istruzione superiore o nelle posizioni di responsabilità. Secondo la Banca Mondiale, la percentuale di donne che lavorano in Nord Africa e negli Stati del Golfo raggiunge appena il 19%, contro il 79% degli uomini.

Il ruolo delle ragazze all'interno della famiglia e la loro (o meno) scolarizzazione definiscono il posto che occupano a livello sociale e in altri ambiti della sfera sociale. Una mentalità conservatrice vincola molto le donne. 

Confinate a svolgere lavori domestici (compito ampiamente sottovalutato), non sono incoraggiate a studiare e ancor meno a inserirsi in settori lavorativi all'avanguardia. È per spezzare questo circolo vizioso che le donne laureate espatriano. In Egitto, molti medici sono donne. E nel mondo c'è carenza di medici. Le donne medico lasciano il loro Paese per stabilirsi altrove, per guadagnare di più e per cogliere opportunità migliori. In Iran, le donne se ne vanno per sfuggire alla grave repressione che continua dalla morte di Jina Mahsa Amini, nonostante le manifestazioni. Ma le donne iraniane continuano la loro rivoluzione. L'espatrio non spegne la loro fiamma, anzi. Quelle che partono portano avanti le battaglie di quelle che restano.

Rompere il soffitto di cristallo

Anche volendo, non è sempre possibile. L'esodo delle donne lavoratrici è riconducibile a tutte le barriere che le ostacolano fin dalla nascita. Questo accade soprattutto nei Paesi del Nord Africa e del Medio Oriente. Ma si verifica anche in altre destinazioni, in misura diversa. In Iran, il 60% degli studenti sono donne, ma solo il 15% è inserito nel mercato del lavoro. Sebbene i loro diplomi dovrebbero aprire le porte a posizioni di responsabilità, il soffitto di cristallo impedisce loro di raggiungerle.

Dobbiamo considerare anche tutti gli aspetti della vita quotidiana che possono sembrare insignificanti, ma che frenano le carriere di queste donne. Possono spostarsi tranquillamente con i mezzi pubblici data l'insicurezza imperante? Si sentono a loro agio per strada o sul posto di lavoro? Hanno la facoltà di denunciare le molestie quando le leggi non le proteggono (o non lo fanno abbastanza)? A queste problematiche si aggiungono gli stipendi inadeguati, il peso della gestione familiare, la discriminazione contro cui si scontrano le madri di famiglia ecc... 

Questi sono solo alcuni dei motivi per cui queste donne scelgono di trasferirsi, ad esempio, in Germania, negli Stati Uniti o in Canada. Naturalmente, ogni nazione ha le sue criticità in materia di diritti delle donne. Ma è chiaro che la situazione è più grave in certe zone del mondo. Queste donne vanno all'estero determinate a trarre il massimo dalla possibilità di accedere a lavori di responsabilità. Si considerano portatrici di un messaggio per le generazioni future.