Lavoro a distanza: i rischi di trasferirsi all'estero senza informare il datore di lavoro

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Pubblicato 2022-11-14 alle 10:00 da Ameerah Arjanee
Ora che il lavoro a distanza è entrato a far parte della quotidianità, sempre più persone sono tentate dalla possibilità di convertirsi in nomadi digitali, opzione che consente loro di operare da ogni parte del mondo. Sembrerebbe che alcuni approfittino dell'opportunità senza informare il datore di lavoro del loro trasferimento all'estero. Questa mossa azzardata può creare seri problemi di conformità e di regolamentazione all'azienda, oltre a comportare il rischio di perdere l'impiego.

Post-pandemia: i lavoratori cambiano rotta

Nel 2020 e nel 2021 la pandemia ha costretto sia le aziende che i dipendenti a lavorare da remoto. In questi ultimi 3 anni, il rapporto della gente con il lavoro è mutato. Tra i cambiamenti emerge un maggiore desiderio di flessibilità, compresa la possibilità di operare da qualsiasi luogo.

Le aziende faticano a convincere i lavoratori a tornare all'orario canonico, ossia 9-17.30. Uno studio condotto dalla Remit, una società anglosassone di consulenza immobiliare, ha rivelato che, nel settembre 2022, solo il 33% dei lavoratori britannici si recava giornalmente in ufficio. In India, solo la Tata Consultancy Services, una grande azienda informatica, è riuscita a imporre almeno 3 giorni di lavoro in ufficio a settimana. Altri colossi tecnologici indiani stanno cercando di incoraggiare questa pratica ma, secondo quanto riporta Money Control, ad oggi hanno riportato in ufficio poco più del 10% della loro forza lavoro.

Di contro, alcune aziende che operano nel settore tecnologico sfruttano questa tendenza per creare un sistema che consenta ai loro lavoratori di diventare nomadi digitali (cioè di lavorare da remoto da qualsiasi paese del mondo) per un certo periodo dell'anno. Airbnb, Atlassian, Meta, Slack e Spotify sono tra queste. Sul suo sito web, Airbnb spiega che "a causa delle difficoltà legate a tasse, buste paga e fuso orario, tante aziende preferiscono con concedere ai dipendenti il privilegio di lavorare dall'estero".

Alcuni decidono di diventare nomadi digitali senza informare preventivamente l'azienda e adottano degli "stratagemmi" per nascondere la loro posizione. Abbonandosi a un servizio VPN, non mostrandosi mai in spazi aperti durante le videochiamate, indossando abiti pesanti malgrado la calura dell'estate tailandese, fingono di essere ancora in Pennsylvania durante le chiamate, lavorano di notte per adattarsi alla differenza di fuso orario, inventano delle scuse per non andare in ufficio in caso di riunioni in presenza, ecc. Anche se questi espedienti possono convincere temporaneamente i superiori, non eliminano i rischi fiscali e normativi.

Rischi fiscali e normativi quando si mente sulla propria posizione

Supporre che il "lavoro da casa" e il "lavoro a distanza" siano esattamente la stessa cosa non è corretto. Quando lavori da casa, ti trovi nella stessa città, regione o Paese della tua azienda. Ciò significa che avete la stessa residenza fiscale e pagate le tasse alle stesse Autorità fiscali. 

Il tuo stipendio è calcolato in base al costo della vita nello Stato di residenza. Lavorando nello stesso posto dove vivi, si presuppone che in caso di riunioni in ufficio, o di videochiamate, tu sia disponibile. Se ti trasferisci all'estero senza informare la tua azienda, potresti imbatterti in problemi legali. 

Se un dipendente lavora in un Paese straniero per la maggior parte dell'anno (almeno 183 giorni) deve stabilire lì la sua residenza fiscale e pagare le tasse, anche quando il lavoro si svolge completamente a distanza. Diventare un residente fiscale significa anche che i tuoi beni mobili e immobili in patria, o un'eventuale eredità, potrebbero essere soggetti a doppia tassazione, ovvero nel Paese di origine e in quello ospitante.

I lavoratori a distanza meno attenti potrebbero anche ritrovarsi a lavorare all'estero con un visto inadeguato. Il Ministro dell'Interno britannico ha fatto sapere che è illegale utilizzare un visto turistico per  lavorare da remoto durante la permanenza nel Regno Unito, anche se il datore di lavoro non è britannico. Con un visto turistico puoi svolgere solo mansioni lavorative sporadiche, come rispondere alle e-mail o risolvere problemi momentanei.

Se il Dipartimento delle Risorse Umane dell'azienda che ti impiega non sa che hai cambiato residenza fiscale, potrebbe incappare in problemi di conformità in caso di controlli. Rischia di essere multata e tu potresti essere licenziato/a. Lo studio legale britannico Stevens & Bolton afferma che, pur esistendo trattati che impediscono la doppia imposizione, se il lavoratore svolge attività di tipo manageriale, di vendita, o di sviluppo commerciale, questo potrebbe creare dei problemi con l'applicazione dell'IVA. Anche il fatto di lavorare segretamente da un Paese dove la tua azienda ha una filiale, potrebbe far sorgere delle complicazioni.

Le Risorse Umane dovranno affrontare anche problemi di conformità per quanto riguarda le buste paga. Ad esempio, alcuni nomadi digitali non comunicano all'azienda dove si trovano per evitare di vedersi ridurre lo stipendio in base all'adeguamento del costo della vita. A questo proposito, alcune imprese hanno iniziato a monitorare la posizione dei loro dipendenti piuttosto che fidarsi della loro parola. 

Il nomadismo digitale "in segreto" ha un impatto anche sulla sicurezza sociale, la protezione dei dati, la salute e la sicurezza. Sappi che, vivendo in una nazione estera per più di 183 all'anno, potresti dover versare i contributi previdenziali alle autorità fiscali. Per quel che riguarda la tutela dei dati personali, varia da un Paese all'altro, quindi se invii un'e-mail alla tua azienda mentre sei all'estero è importante accertarsi che i dati riservati siano ben protetti. Circa la salute e la sicurezza, la tua azienda potrebbe non essere in grado di coprire eventuali incidenti sul lavoro, o problemi di salute all'estero, se non è a conoscenza del tuo espatrio.

Le questioni legali e amministrative di cui sopra dimostrano che è meglio essere onesti al 100% con l'azienda riguardo al proprio progetto di lavorare a distanza dall'estero. In questo modo potrete trovare un accordo che vada bene ad entrambi e che sia conforme alla normativa fiscale. Nel caso in cui l'azienda non accettasse la tua volontà di operare come nomade digitale, puoi sempre considerare di cercare un'altra compagnia che assecondi le tue richieste.