Testimonianza di un antropologo ed archeologo in Bolivia

Storie di espatriati
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Pubblicato 2021-03-24 alle 05:04 da Francesca
Mi chiamo B.G. e ho 53 anni. Sono antropologo ed archeologo. Collaboro con Istituzioni museali e Fondazioni culturali, scientifiche e sociali. Ho avuto esperienze in Marocco, Scozia, Irlanda ed Egitto. Ma sono sempre stato affascinato dalla civiltà andina e dalla cultura delle popolazioni indigene o discendenti dei conquistadores spagnoli. 

Dal 2010 vivo e lavoro in Bolivia; ogni paio d'anni torno in Italia, nel Veneto, dove sono nato e ho studiato, per due-tre settimane.

Sono stato lettore di Italiano all'Universidad Mayor de San Simon di Cochabamba, dove ho abitato a lungo, ed all'Universidad Autonoma del Beni Josè Ballivian a Trinidad, capoluogo del Dipartimento; qui vivo ormai da tre anni.

Per la mia professione ho anche soggiornato in grandi città come La Paz, la capitale governativa e Santa Cruz de la Sierra. Ho inoltre fatto esperienze a Sucre, la capitale costituzionale, Tarija, a sud, nel Chaco boliviano e Cobija, nel Pando, a nord.

Queste destinazioni sono sede di importanti musei archeologici, etnografici e di biblioteche che conservano manoscritti e testimonianze dell'epoca coloniale; da lì sono partite diverse mie campagne di raccolta ed analisi delle tracce materiali lasciate dalla civiltà precolombiana degli Inca. Ho svolto anche interessanti ricerche antropologiche presso le popolazioni guaranì ed aymara. Interessante ricordare inoltre che in Amazzonia boliviana vivono ancora 29 popoli indigeni che vanno a caccia e a pesca e coltivano yuca e banane solo per sostentamento familiare.

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I quartieri residenziali delle grandi città, le piazze e le vie del centro sono luoghi sicuri, anche se dobbiamo abituarci a convivere con guardie generalmente armate davanti a locali pubblici, negozi, centri commerciali e stazioni di servizio; ma anche al portone di condomini di pregio o all'imbocco di strade eleganti.
Le periferie possono esserlo sicuramente di meno, come penso in molte parti del mondo; se proprio ci si deve andare, bene farsi accompagnare e mai di sera.

Per l'esperienza acquisita, i centri urbani più piccoli mi hanno sempre fatto sentire più a mio agio. E qui nella ciudad della Santissima Trinità, a dire il vero, non ho mai pensato alla mia incolumità personale. Certo che la macchina di notte la tengo in garage: claro, ovvio. E non ho mai avuto alcuna preoccupazione a lavorare anche da solo ed a lungo tra le comunità di villaggi sperduti nella foresta del Chapare o sui monti delle yungas o nella pampa al confine con la Rodònia brasilana; è anzi un piacere socializzare con queste persone gentili ed ospitali.

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Questo paese è circa quattro volte più esteso dell'Italia, e gli spostamenti da un luogo all'altro possono essere lunghi e poco agevoli.
Le vie di comunicazione sono scomode: le carretere asfaltate sono poche e congiungono solo le città più importanti. Di solito si viaggia sullo sterrato, provvisti di acqua e benzina; i posti di blocco sono numerosi, talora un po' assillanti, però ti senti sufficientemente sicuro, soprattutto nelle zone più discoste: la polizia e la marina (il paese non ha sbocchi al mare, persi a causa di sconfitte in guerre con i vicini, ma ha tante acque navigabili interne) vigilano attentamente.
A dire il vero qualche incontro poco gradito l'ho fatto, sempre con europei: girovaghi in camper sgangherati o bikers con grosse moto e casco integrale o turisti sperduti (?) fuori dalle normali rotte: un cortese saluto e ognuno per la propria strada.

Anche in Bolivia, quindi, è come in tutti i paesi. Un po' di attenzione non guasta mai, io abito qui da anni e per il momento penso di rimanerci, almeno fino alla prossima avventura professionale.

 Suerte a tutti i miei connazionali all'estero, ed hasta luego!