Violenze e abusi sul lavoro: impatto sugli espatriati e difficoltà a denunciare

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Pubblicato 2023-06-09 alle 11:00 da Asaël Häzaq
Uno studio condotto a livello internazionale ha rilevato che più di un lavoratore su cinque ha subito violenze o abusi sul lavoro nel corso della carriera. E' il risultato di una ricerca congiunta effettuata dalla Lloyd's Register Foundation (LRF), dall'Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO) e da Gallup. I dati parlano di un fenomeno diffuso che colpisce in particolare i lavoratori dipendenti (a differenza dei liberi professionisti), i giovani, le donne e gli stranieri.

Violenze e abusi sul lavoro: un'indagine su scala mondiale

Il recente fenomeno del "licenziamento silenzioso", o quiet firing, desta preoccupazioni. Sebbene questa pratica non sia nuova, sembra stia prendendo piede in risposta alla tendenza americana del "quiet quitting" (dimissioni silenziose). Le aziende farebbero di tutto per spingere i lavoratori meno produttivi a licenziarsi. Questa pratica può sconfinare in molestie e sollevare problemi legali.

Nel 2021, la Lloyd's Register Foundation (LRF), un ente internazionale di beneficenza, ha condotto un'indagine su 125.000 lavoratori provenienti da 121 Paesi. Questo sondaggio ha fornito la base per uno studio combinato tra la LRF, l'Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO) e Gallup, un'agenzia che fornisce analisi e consulenza a leader e organizzazioni. Lo studio esamina la diffusione, a livello mondiale, delle violenze e degli abusi sul posto di lavoro e identifica i fattori di rischio.

Un problema dilagante con conseguenze nascoste

Le statistiche sono allarmanti: un lavoratore su cinque riferisce di aver subito violenze o abusi sul posto di lavoro. Il problema è ancora più preoccupante per il 58,5% di quelli che devono fare i conti con molestie ripetute. La violenza psicologica è la forma più comune di sopruso, che colpisce il 16,5% dei lavoratori, seguita dalla violenza fisica (7,4%) e dalla violenza sessuale (5,5%).

La violenza psicologica è difficile da dimostrare perché è insidiosa e non lascia tracce visibili ad occhio nudo. Alcuni datori di lavoro usano questa tattica per indebolire le loro vittime. Questo problema riguarda soprattutto gli immigrati, più vulnerabili di altre categorie.

I lavoratori stranieri spesso disconoscono i loro diritti e la barriera linguistica complica la situazione. Tendono a non denunciare per paura di essere discriminati o di perdere il posto. Sebbene la percentuale degli uomini che ha subito maltrattamenti sul lavoro sia più alta rispetto a quella delle donne (21,9% contro 19,8%), queste ultime sono più esposte alle molestie di tipo sessuale (32,9% rispetto al 15,4% degli uomini).

Differenze a seconda dei Paesi

Uno studio recente ha rilevato che l'incidenza di violenze e abusi sul posto di lavoro varia notevolmente a seconda delle latitudini. I tassi più elevati si registrano in Australia e Nuova Zelanda (52% tra le donne e 44% tra gli uomini), e in Nord America (48% tra le donne e 35% tra gli uomini). In Africa orientale la percentuale è più bassa e vede coinvolti in episodi di molestie il 30% delle donne e il 22% degli uomini.

Dallo studio è emerso che i Paesi dove si denuncia di più sono Australia, Finlandia, Islanda, Nuova Zelanda, Danimarca, Stati Uniti, Norvegia, Canada, Grecia e Svezia, con percentuali che vanno dal 49,1% al 36,9%. L'Australia registra il tasso più alto, mentre la Svezia quello più basso. In Kirghizistan, Libano, Malesia, Uzbekistan, Armenia, Indonesia, Georgia, Kazakistan, Pakistan e Tagikistan i tassi sono invece molto più bassi, e oscillano tra il 7,4% e il 3%.

Le cifre registrate in nazioni come la Finlandia, nota per l'alta qualità di vita, sono attribuibili al fatto che le leggi per la protezione dei lavoratori sono più severe e più radicate. Le persone denunciano perchè sanno che rientra nei loro diritti. In parallelo, se in Libano, Malesia e Pakistan si denuncia meno è perchè i lavoratori sanno di essere meno tutelati. 

I lavoratori stranieri sono più esposti a violenze e abusi sul lavoro

Un'indagine condotta di recente dimostra che i lavoratori nati all'estero, rispetto ad altri gruppi, sono più a rischio di violenze e abusi sul lavoro. Il 46% degli intervistati segnala episodi riconducibili a discriminazioni di genere, il 44% al colore della pelle, il 42% alla nazionalità/etnia. 

Lo studio evidenzia inoltre che le donne nate all'estero hanno maggiori probabilità di subire violenze e molestie sul lavoro rispetto a quelle originarie del posto: 30% contro 21%.

Anche gli uomini di origine straniera sono interessati dalla stessa situazione: il 26% ha subito violenze e discriminazioni rispetto al 23% degli autoctoni. 

È importante notare che l'indagine non chiedeva agli intervistati di specificare il loro status di migrante e che il termine "nato all'estero" include sia i migranti a breve che a lungo termine, oltre a quelli che hanno acquisito la cittadinanza nel Paese ospitante. I risultati evidenziano la necessità di proteggere meglio i lavoratori nati all'estero e di contrastare la discriminazione sul posto di lavoro.

Sovrarappresentazione delle donne nate all'estero

La sovrarappresentazione delle donne di origine straniera che hanno subito violenze e molestie sul lavoro va ricondotta al loro status. Come rivela lo studio, le donne sono più esposte alla violenza. I vari casi di molestie sul posto di lavoro ci ricordano che la tutela dei diritti delle donne è una battaglia quotidiana. La sfera professionale è contaminata da rapporti di potere che danneggiano le donne.

Le donne nate all'estero subiscono discriminazioni anche in base alla loro etnia, nazionalità e colore della pelle. Il Covid-19 ha riportato in auge alcune pratiche discriminatorie nei confronti degli asiatici. I disegni di legge dei vari Paesi in favore di un allentamento della politica di immigrazione stanno suscitando la rabbia di una parte della popolazione locale (come in Francia, Finlandia e Svezia).

Espatriati vittime di abusi e molestie sul lavoro: la difficoltà di esprimersi

I lavoratori stranieri sono meno propensi a rivelare di aver subito violenza. Quelli che rimangono in silenzio dicono di non sapere cosa fare o a chi rivolgersi. Non conoscono le leggi in vigore nel Paese di espatrio o le organizzazioni da contattare in caso di bisogno. Non tutti i governi mettono a disposizione informazioni e servizi dedicati. Alcuni sono più propensi di altri a tutelare i diritti degli stranieri. Anche la cultura locale gioca un ruolo importante. E' il caso, ad esempio, di nazioni dominate da una cultura sessista, dove una donna straniera fatica a ricoprire posizioni di potere.

Poi c'è la paura di esporsi. Parlare significa mettersi ancora più in pericolo. Alcuni datori di lavoro fanno leva sulla vulnerabilità dei dipendenti minacciandoli di non rinnovare/confiscare il permesso di lavoro, di bloccare la loro progressione di carriera o di screditarli agli occhi dei colleghi... Queste pratiche variano a seconda dell'azienda e del contesto socio-professionale dell'impiegato. Sono ovviamente illegali, ma restano in uso.

Lo studio sottolinea che i risultati variano da una regione all'altra del mondo, con forti disparità tra i vari Paesi. I dati dimostrano che abusi e molestie sul posto di lavoro sono ampiamente diffusi. Per l'ILO, LRF e Gallup bisogna agire in fretta. Questo tipo di violenze ha un impatto non solo sulle persone fisiche, ma anche sull'economia. Le organizzazioni esortano i governi a ratificare la Convenzione 190 dell'ILO al fine di proteggere tutti i lavoratori, indipendentemente dalla loro nazionalità e origine.