Nazionalizzazione del lavoro: che impatto sugli espatriati?

Vita quotidiana
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Pubblicato 2023-02-16 alle 10:00 da Ameerah Arjanee
Il fenomeno della "nazionalizzazione della forza lavoro" si verifica quando gli espatriati vengono sostituiti dagli autoctoni in certe tipologie di lavori. Cosa c'è alla base di questa misura e cosa significa tutto questo per gli stranieri all'estero? Vengono licenziati e devono lasciare il Paese di espatrio? 

Cosa c'è alla base della nazionalizzazione della forza lavoro?

I sei Paesi del Consiglio di Cooperazione del Golfo (CCG) - Bahrain, Kuwait, Oman, Qatar, Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti - hanno rafforzato le misure di nazionalizzazione della forza lavoro a partire dal 2020 circa. I loro settori privati dipendono in larga misura dagli espatriati fin dagli anni '70, ma dopo la recessione economica post-covid e post-guerra in Ucraina, i governi hanno deciso di ridurre la disoccupazione tra la popolazione locale.

L'unico modo per raggiungere questo obiettivo è cambiare l'assetto della forza lavoro, assegnando ai lavoratori locali i posti finora coperti dagli stranieri. Questa misura è volta anche a incoraggiare l'occupazione femminile. Molte donne, nate e cresciute nei Paesi del Golfo, pur essendo in possesso di un'istruzione universitaria, non hanno ancora integrato il mercato del lavoro. 

In Kuwait, la politica di "kuwaitizzazione" mira a raggiungere un tasso di 50:50 tra lavoratori espatriati e locali entro il 2025, e un tasso di 30:70 entro il 2030. Il Siasat Daily riporta che, nel 2022, il numero di espatriati impiegati nel settore pubblico in Kuwait è crollato del 70%. Di recente sono stati colpiti anche gli stranieri nel settore dell'istruzione: a gennaio sono stati retrocessi oltre 200 capi dipartimento e nei prossimi mesi saranno licenziati circa 1.800 insegnanti. Saranno sostituiti da kuwaitiani che aspettavano da anni una promozione.

In Arabia Saudita, un processo simile (saudizzazione o "Nitaqat" in arabo) rientra nel contesto della Saudi Vision 2030. Come riportato da The Saudi Gazette, la prima fase è iniziata nel dicembre 2021, e la seconda a gennaio di quest'anno. Arab News riporta che alla fine della prima fase, ovvero nel terzo trimestre del 2022, i sauditi rappresentavano il 77% della forza lavoro nazionale. In questa seconda fase che si concluderà all'inizio del 2024 , vari settori, dalle imprese di riparazione di computer, all'ingegneria navale, al marketing, dovranno raggiungere una quota di "sauditizzazione" del 70%-100%.

In Oman, il movimento di "omanizzazione" ha impedito agli espatriati di accedere a 207 categorie di lavoro: addetti alle risorse umane, commercianti di generi alimentari, autisti di ambulanze, impiegati del settore legale, psicologi e ispettori della sicurezza sul lavoro nell'industria energetica, ecc... Gulf News ha riportato che, dal 2020, i lavori in cinque settori chiave dell'economia (petrolio, banche, telecomunicazioni, ospitalità e assicurazioni) sono ricoperti da un numero sempre crescente di personale locale. Per esempio, quasi il 95% del personale nelle banche commerciali è costituito da cittadini omaniti.

Cosa pensano gli espatriati della nazionalizzazione della forza lavoro?

Questi cambiamenti hanno un forte impatto sulla vita degli espatriati. Noi di Expat.com siamo entrati in contatto con loro attraverso i nostri forum e altri social network; di seguito riportiamo delle testimonianze.

Daniel, un espatriato greco, con cui abbiamo interagito sul gruppo Facebook Expats in Oman si augura che "il governo omanita riesca a trovare un equilibrio tra sostenere i suoi cittadini e permettere agli espatriati di continuare a dare il loro contributo all'economia locale". Daniel viveva in Oman, ma di recente si è trasferito negli Emirati Arabi Uniti dove ha trovato condizioni di lavoro più favorevoli nel settore dell'ospitalità. 
Anche negli EAU esiste una politica di nazionalizzazione chiamata "emiratizzazione", ma è meno aggressiva di quella omanita. Come riportato dal Khaleej Times, le aziende private sono tenute ad aumentare il numero di lavoratori emiratini in una misura dell'1% ogni 6 mesi.

Secondo Daniel, nei Paesi del Golfo gli espatriati e il turismo dovrebbero essere considerati preziosi quanto le risorse naturali come il petrolio. Vedendo costruire nuovi condomini a Muscat, si chiede chi li comprerà, dato che la popolazione di espatriati sta diminuendo. Trova che l'Oman sia "un Paese fantastico, con una grande cultura e senso dell'ospitalità" ma pensa che dovrebbe "investire negli stranieri per garantire un futuro sostenibile".

Un altro espatriato in Oman, Hyder dal Pakistan, la pensa come Daniel: l'Oman dovrebbe seguire lo stesso modello economico degli Emirati Arabi Uniti (EAU). In altre parole, ritiene che gli espatriati portino investimenti "che giocano un ruolo fondamentale nell'economia di qualsiasi nazione", quindi tenerli anziché licenziarli garantirebbe all'Oman la stessa prosperità degli EAU.

In altri Stati, che non hanno politiche ufficiali di nazionalizzazione, la preferenza viene data comunque agli autoctoni rispetto agli espatriati. Sul forum di Expat.com, Mithié, un francese espatriato in Marocco, afferma di trovare del tutto normale che in questo Paese del Nord Africa i lavoratori locali abbiano la precedenza sugli stranieri, a patto che abbiano le competenze richieste. Secondo Mithié è importante che i giovani laureati marocchini trovino un impiego adatto alle loro competenze. In varie nazioni europee, il "test del mercato del lavoro" è una forma indiretta per dare priorità ai locali. Questo test ha lo scopo di verificare la disponibilità di professionisti locali per un determinato ruolo, prima che un'azienda possa assumere un lavoratore straniero.