Rivolte in Sud Africa: gli expat vivono nel terrore

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Pubblicato 2021-07-21 alle 10:00 da Veedushi
Gli espatriati in Sudafrica vivono nel terrore a seguito delle recenti rivolte. L'incarcerazione dell'ex presidente Jacob Zuma è sfociata in violente lotte e saccheggi che hanno provocato quasi duecento morti. Il Sudafrica è stretto tra due morse: la pandemia e la crisi sociale.

"Sono anni che mi sono trasferita qui con la mia famiglia e questa è la prima volta che vivo una situazione del genere", ci racconta Amelia, una donna inglese che vive a Johannesburg. Le rivolte sono iniziate nella città di Durban e si sono estese nella provincia del KwaZulu-Natal ma la paura attanaglia tutto il Sud Africa. “Le scene che ho visto in tv mettono i brividi: incendi, saccheggi, morti... si direbbe un film ma purtroppo è tutto vero ed ho paura". Quando Amelia ha scelto di stabilirsi in questo Paese, ne conosceva ovviamente il passato. "Prima di espatriare informai parenti e amici che sarei venuta a vivere qui e loro mi consigliorano di pensarci bene... alla fine decisi di testa mia. Ero convinta della mia scelta, ora inizio ad avere qualche ripensamento". A fronte delle tensioni sociali e della recrudescenza del virus, pensa ancora che il Sud Africa sia il posto più adatto dove far crescere i suoi figli?. "Con mio marito abbiamo iniziato a discuterne seriamente. Progettiamo di rientrare in Inghilterra per passare del tempo con le nostre famiglie e decideremo il da farsi. Probabilmente ci trasferiremo in un'altra destinazione", dice. Dopo lo scoppio delle rivolte la scorsa settimana, tanti espatriati vivono nel timore. 

Per Élodie, una francese che si è stabilita in Australia con marito e figli dopo qualche anno vissuto in Sudafrica, la stabilità politica e sociale sono elementi fondamentali per le famiglie con bambini. Spiega: “Con la fine dell'apartheid, la situazione è molto migliorata in Sudafrica. Almeno questa è la sensazione che abbiamo avuto mentre eravamo a Durban. E' vero che alcuni quartieri erano da evitare ma come in qualsiasi altra metropoli nel mondo. Durante il nostro soggiorno ci siamo sentiti relativamente al sicuro. Ammetto però di aver frequentato principalmente altri espatriati”. Alla luce dei fatti recenti, Élodie ammette che lasciare il Sud Africa è stata una scelta saggia. "Non avrei voluto che i miei figli crescessero temendo per la loro incolumità. Sono preoccupata per i miei amici che vivono ancora in Sud Africa. Li ho chiamati e per fortuna sono sani e salvi. Rispetto alla settimana scorsa, la situazione è meno tesa ma il rischio che peggiori non è ancora scongiurato". 

Le immagini e i video che circolano sui social network e che vengono trasmesse in televisione sono scioccanti. Non solo tanta violenza ma anche una madre costretta a lanciare il figlioletto dal primo piano di un edificio perchè i negozi al piano terra erano stati date alle fiamme. Fortunatamente alcuni passanti hanno prontamente afferrato il piccolo per non farlo cadere a terra. 

Le ragioni che hanno scatenato le rivolte sono diverse. La miccia è esplosa con l'incarcerazione dell'ex presidente sudafricano, condannato lo scorso giugno a 15 anni di prigione. L'arresto ha scatenato l'ira dei sostenitori di Zuma e la rivolta è sfociata in più di 1.200 arresti, centinaia di feriti e quasi 200 morti. Gli espatriati in loco sono convinti che questa sia una concausa e che alla base ci sia molto altro.

La pandemia di Covid-19, che continua inarrestabile, ha scatenato una crisi sociale senza precedenti. "Il Paese sta attraversando una delle peggiori crisi economiche della sua storia, il tasso di disoccupazione è in aumento. La popolazione è scontenta e l'arresto di Jacob Zuma è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso ", ci fa sapere un sudafricano espatriato nel Regno Unito. 

Il processo all'ex presidente è ripreso lunedì scorso. Jacob Zuma è accusato di corruzione ai danni dello Stato e riciclaggio di denaro sporco negli anni della sua presidenza, dal 2009 al 2018. Le acque si sono ora relativamente calmate ma gli espatriati e i sudafricani vivono nel costante timore di rappresaglie. Molti di loro hanno lanciato, in questi giorni, degli appelli alla pace sui social network.