La libertà di stampa nel mondo esiste davvero?

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Pubblicato 2021-04-27 alle 10:00 da Veedushi
Il rapporto annuale di Reporter Without Borders sulla libertà di stampa offre uno spaccato sulla libertà di opinione e di espressione degli organi d'informazione nel mondo. I dati contenuti in questo resoconto sono di vitale importanza per coloro che desiderano trasferirsi all'estero. Tutti i dettagli nell'articolo.

 

Nord Europa: libertà, ma nei limiti

Non sorprende che la Norvegia sia di nuovo in cima alla lista. Questo paese è conosciuto non solo per l'eccellente qualità di vita che offre ai suoi abitanti, ma anche per il valore che attribuisce alla libertà di stampa, in particolare alla libertà di espressione. Ma forse non è come sembra. A partire dall'anno scorso, il Governo norvegese è infatti tenuto a fornire una relazione annuale sull'evoluzione della libertà di espressione e di stampa dei media nazionali. Con questa mossa il Parlamento desidera monitorare il modus operandi degli organi di stampa. La Norvegia ha inoltre recentemente introdotto una legge volta a individuare le responsabilità dei media. Una legge definita "vaga" dai media norvegesi perchè mancano le informazioni per valutarla. A questo si aggiungono le restrizioni imposte sul trattamento delle notizie durante la pandemia. Tutto fa pensare che la stampa norvegese non goda di assoluta libertà, come dimostra il calo di 1,12 punti, rispetto al 2020, nella classifica di Reporter Without Borders.

Un altro Paese nordico che si distingue su tutti i fronti, compresa la libertà di stampa, è la Finlandia. Va sottolineato però che i media e i giornalisti finlandesi stanno attraversando un periodo difficile a cui il Governo sta correndo ai ripari con una proposta di legge che li protegga. Da qualche tempo infatti i social network costituiscono una vera e propria minaccia per i media finlandesi; da qualche anno a questa parte sono anche nati diversi siti fittizi di notizie che incoraggiano la creazione di gruppi che hanno lo scopo di seminare odio e disinformazione online. La situazione attuale rappresenta una vera minaccia per gli organi di settore e i per giornalisti. Molti stanno lottando per sopravvivere.

In terza posizione troviamo la Svezia, la prima nazione al mondo ad approvare una legge sulla libertà di stampa nel 1776. I media, in particolare i giornalisti, subiscono tuttavia diverse pressioni, comprese manifestazioni d'odio e minacce online. L'anno scorso i media svedesi sono stati oggetto di pesanti critiche da parte della Cina per questioni relative ai diritti umani, e dell'Ungheria in occasioni di alcuni reportage che interessavano le misure prese da questo paese per contrastare la pandemia. Va inoltre segnalato che le Autorità hanno impedito ai media di consultare documenti pubblici relativi al COVID-19. Inutile dire che si tratti di un momento complesso a cui si aggiungono le difficoltà finanziarie  degli ultimi mesi causate dalla perdita degli introiti pubblicitari.

La repressione nei confronti dei media

In fondo alla classifica di Reporter Without Borders troviamo paesi come l'Eritrea, la Corea del Sud o il Turkmenistan. Ma figura anche la Cina che attualmente è al 177° posto su 180. La diffusione di notizie false è uno dei principali problemi che la Cina ha dovuto affrontare nell'ultimo anno, soprattutto dall'inizio della pandemia del COVID-19. Una situazione che si è tradotta in un rafforzamento del controllo sull'informazione nella sua interezza. Una ventina circa di giornalisti stranieri è stata espulsa dal Paese ed il numero di visti da concedere alla categoria è stato notevolmente ridotto. Sette giornalisti locali sono inoltre stati arrestati nel 2020 per aver pubblicato informazioni sulla pandemia. E' risaputo che la Cina adotti delle misure restrittive sugli organi di stampa, basti pensare che più di cento professionisti del settore che hanno osato difendere la libertà di stampa sono ancora incarcerati. Facendo affidamento sulle nuove tecnologie, il regime comunista controlla non solo le informazioni ma anche i cittadini. Rispetto a qualche anno fa, i media pubblici e privati ​​sono ad oggi controllati in modo più rigido.

Analizziamo anche il Vietnam, che attualmente occupa il 175° posto. Il 17 dicembre 2020, Lê Thi Thu Hang, la portavoce del Ministero degli Affari Esteri vietnamita, ha sottolineato durante una conferenza stampa che il Vietnam sostiene e garantisce la libertà di stampa, cosi come citato nella Costituzione del 2013. La stessa informa che il Vietnam conta circa 868 agenzie di stampa e 125 canali televisivi, e che 62 milioni di vietnamiti hanno un account sui social network. Tuttavia, la classifica di Reporter Without Borders testimonia il contrario. Lo conferma Andrew, un australiano espatriato in Vietnam: “Non sono sicuro che siamo liberi di esprimerci. Alcune cose non sono tollerate nei paesi comunisti”. In Vietnam esistono leggi chiare sulla libertà di espressione. "Ogni cittadino è uguale davanti alla legge e chiunque la infranga sarà trattato secondo le procedure giudiziarie codificate dalle leggi esistenti", ha detto Lê Thi Thu Hang.

In Vietnam, la stampa è sottoposta al vaglio del regime comunista. Questo spiega la repressione esercitata nei confronti di giornalisti e blogger indipendenti. Qualsiasi articolo che faccia propaganda contro il regime è soggetto a dure pene detentive. Nel 2020 diversi giornalisti indipendenti sono stati arrestati e condannati a più di 10 anni di carcere. Secondo Reporter Without Borders più di trenta giornalisti e blogger sono, ad oggi, dietro le sbarre. Ma la repressione vietnamita non si ferma qui. Dal 2019 esiste una legge sui crimini informatici che obbliga le piattaforme online a conservare le informazioni pubblicate dagli utenti della rete. Le autorità vietnamite hanno accesso a questi dati e possono utilizzarli come credono. Marc, un canadese espatriato in Vietnam, ci dice che “poiché siamo ospiti in questo paese, dobbiamo agire in modo responsabile. E' indispensabile che quando trattiamo questioni politiche, lo facciano con maggior tatto di quello che eserciteremo nel nostro paese d'origine".

L'Arabia Saudita quest'anno si trova in 170ma posizione. In questa nazione, che è una monarchia assoluta, la libertà di stampa è pressochè inesistente. Negli ultimi anni, a seguito delle decisioni del giovane principe ereditario Mohamed Ben Salman, la repressione si è intensificata. Ad oggi molti giornalisti e blogger rimangono arbitrariamente detenuti e sono sottoposti a tortura. Il paese deve sottostare ad alcune leggi che disciplinano la criminalità informatica: chiunque usi un linguaggio blasfemo, mettendo in pericolo l'unità nazionale o danneggiando l'immagine e la reputazione del Re e dello Stato, è passibile di sospensione dall'attività, e, in casi estremi, condannato alla pena di morte. Anche i social network sono controllati e soggetti a censura.