Gli espatriati lasciano in massa il Medio Oriente?

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Pubblicato 2020-06-29 alle 11:18 da Veedushi
Il coronavirus ha provocato una vera crisi in Medio Oriente, e non solo in campo sanitario. Negli ultimi mesi gli espatriati hanno lasciato in massa la regione a causa della perdita dell'impiego o della riduzione dello stipendio. Che ripercussioni ha questo esodo sull'economia e sul mercato del lavoro di questi territori?   

Arabia Saudita

La scorsa settimana l'Arabia Saudita ha annunciato che gli espatriati residenti, che si trovano attualmente all'estero, non potranno fare rientro nel paese fino alla fine della pandemia. Si tratta di una misura emessa a scopo precauzionale perchè questo Stato della penisola araba è tra i più colpiti dal coronavirus. Il blocco alle attività, durato tre mesi, è stato tolto solo da qualche giorno. La data di rientro degli espatriati residenti, in possesso di un visto di ingresso valido, sarà comunicata dopo che la situazione si sarà stabilizzata. 

Secondo uno studio realizzato dalla Jadwa Investment Company di Riyadh, oltre 1 milione e 200 mila lavoratori stranieri, principalmente Indiani, Egiziani, Filippini e Pakistani, potrebbbero lasciare l'Arabia Saudita entro la fine del 2020. Quasi 300.000 espatriati sono già usciti dal paese, e 178.000 hanno richiesto l'Awdah, un documento che facilita il rimpatrio degli espatriati. Da notare che l'anno scorso già 445.000 lavoratori stranieri sono rientrati nel paese d'origine. Da qui alla fine del 2020, se la tendenza continuasse con questo ritmo, si potrebbe assistere ad un calo demografico del 4% poiché gli espatriati rappresentano oltre 10.5 milioni su una popolazione totale di 34.8 milioni di persone. 

Inoltre, le misure di austerità adottate dal Governo saudita stanno avendo dure ripercussioni sui lavoratori stranieri che sono ancora nel paese. Queste includono un aumento considerevole dell'imposta sul valore aggiunto (IVA), fino a tre volte il tasso attuale, e l'abolizione del rimborso spese per i dipendenti del settore pubblico. Alle società private è stato concesso di ridurre gli stipendi fino al 40% e di disdire i contratti di lavoro degli espatriati. I dipendenti di settori come ospitalità, alimentazione, sicurezza ed amministrazione, hanno maggiori probabilità di essere licenziati.

Kuwait

La comunità di espatrIati in Kuwait tocca i 3.4 milioni su una popolazione totale di 4.6 milioni di persone. Alla luce di queste cifre la nazione mira a ridurre l'impiego degli stranieri del 30%. Più del 50% degli espatriati che lavoravano nell'amministrazione pubblica sono già stati licenziati. Nelle ultime settimane oltre 11.920 lavoratori indiani ed egiziani sono stati rimpatriati. Nel giugno 2020, il Kuwait ha annunciato che i lavoratori stranieri non saranno più assunti nel settore petrolifero fino a nuovo ordine. E' stato anche proposto un sistema per regolare l'assunzione degli espatriati, secondo la loro nazionalità. Si paventa inoltre un aumento tra il 100% e il 200% del costo dei permessi di soggiorno, dei visti, dell'assicurazione sanitaria e dell'istruzione. Il Ministero degli Affari Esteri del Kuwait prevede, da ultimo, di aumentare le spese di elaborazione dei visti del 150%. Secondo il Governo, queste misure consentiranno al paese di far fronte ai tagli del 20% sul bilancio, annunciati per l'anno fiscale 2020-2021.

Qatar

In Qatar, a partire dal 1° giugno, sono state introdotte delle nuove misure relative all'assunzione di cittadini stranieri nei ministeri e nelle istituzioni governative. Queste misure prevedono un taglio netto degli stipendi degli espatriati e la risoluzione di molti contratti con un preavviso di due mesi. La comunità degli stranieri, che tocca i 2.3 milioni su 2.7 milioni di residenti totali, rappresenta il 95% della forza lavoro locale. Gli esperti concordano sul fatto che l'esodo degli expat dal paese si ripercuoterà sulla sua crescita economica, sia in termini di carenza di manodopera che di perdita del potere d'acquisto.

Bahrain

Non è un segreto che il Governo del Bahrein abbia già messo in atto una strategia per nazionalizzare il suo mercato del lavoro, specialmente IL settore privato. Negli ultimi mesi la pandemia ha provocato la perdita di quasi 6.000 posti di lavoro assegnati ad espatriati. Il governo locale ha abolito il permesso di lavoro flessibile ed ha stanziato una somma per favorire l'impiego di manodopera locale nel settore pubblico.Le conseguenze finanziarie della crisi sanitaria hanno avuto ripercussioni su 8.800 aziende baherenite.

Cosa succede negli altri paesi del Medio Oriente?

Con una comunità di espatriati che nel 2019 toccava i 5.095 milioni, gli Emirati Arabi Uniti rimangono abbastanza stabili nonostante il rimpatrio di massa in corso. A detta delle Autorità locali, se i rientri dovessero continuare di questo passo, si prevede un calo demografico del 10% e la perdita di quasi 900.000 posti di lavoro. Tuttavia, gli Emirati Arabi Uniti non hanno ancora adottato misure drastiche per ridurre il numero dei lavoratori stranieri. Da notare che i primi casi di COVID-19 sono stati registrati proprio in questi territori e ad oggi si contano quasi 48.000 casi di infezione e 313 decessi. 

L'Oman, di contro, sta cercando di sfruttare la situazione attuale per aumentare la sua forza lavoro. Per rendere il mercato del lavoro ancora più appetibile, nel 2021 entrerà in vigore una nuova legge che prevede che lavoratori stranieri, in loco o all'estero, non avranno più bisogno di un certificato di non obiezione (NOC) per cambiare datore di lavoro quando il loro contratto giunga al termine.