Buongiono, volevo capire perchè in Tunisia come mai la rappresentanza italiana, se esiste, non è riuscita ad ottenere delle agevolazioni per i propri connazionali residenti pensionati e non, tipo: aprire un'attività senza il 51% del socio locale, importare un proprio veicolo di qualunque età e non pagare le relative tasse (magari imponendo delle regole temporali sulla successiva compra vendita), lo stesso per la mobilia. Eppure gli portiamo tanti soldi ed in Italia li favoriamo commercialmente.
Per esempio, in Repubblica Dominicana il pensionato straniero ottiene la residenza in 45 giorni e può importare un'auto, una moto e tutto l'arredamento di un appartamento senza pagare nulla; si è esenti dal pagare tasse sull'acquisto della casa e sull'eventuale ipoteca per mutuo si è esentati del 50% dalle tasse; se fai investimenti in loco e ne hai altri esteri dichiarati si è esenti dalle tasse sui dividendi e sugli interessi...e tutto questo grazie al comitato italiano che opera in loco. Le rappresentanze servono a questo
Ciao, no, la "rappresentanza italiana" a cui alludi in sostanza non esiste.
Ci sono state e nascono periodicamente associazioni, ma il loro interesse è di altro tipo.
La migrazione di pensionati italiani (tanto di questo si parla) è molto recente, iniziata attorno al 2014 (le pensioni private sono passate da 203 nel 2013 a 260 nel 2014, mentre quelle pubbliche da 26 nel 2013 a 67 nel 2014). Pre 2014 la maggior parte delle pensioni era pagata a cittadini tunisini rientrati dopo un periodo di lavoro più o meno lungo in Italia. Oggi siamo arrivati ad alcune centinaia. In maggior parte cittadini italiani emigrati (almeno formalmente, perché trascorrono in Tunisia il tempo strettamente necessario a non soggiornare in Italia per i fatidici 6 mesi e un giorno).
I numeri sono comunque piccoli. I denari "portati" anche. Contano molto di più gli investimenti portati dalle circa 900 aziende italiane installate sul territorio. E i posti di lavoro creati.
Difatti per gli imprenditori ("totalmente esportatori") vi sono state e vi sono tuttora molti incentivi, dalle tasse ridotte per i primi 10 anni (erano zero per i primi 10 anni prima del 2014, ora il 10% e dal prossimo anno il 13,5%). Ma devono avere personale tunisino, ad eccezione che per pochi quadri dirigenti.
E d'altra parte il ridotto costo del lavoro e gli incentivi sulla contribuzione fanno parte integrante del quadro incentivante.
Solo i cinesi vorrebbero venire qui portando da casa la mano d'opera....
Per i pensionati vi è l'incentivo della tassazione sul 20% del lordo. Direi un bell'incentivo!
In cambio viene chiesto solo di far transitare la detta pensione su un conto bancario tunisino e di non lavorare in Tunisia (anche se su questo stiamo proprio in questi giorni facendo un'approfondimento in cerca della norma specifica).
Si può portare un'auto con meno di tre anni senza pagare imposte (IVA e dazi). Vincolo posto più per compiacere la lobby delle concessionarie auto che per altro; tant'è che ce lo hanno anche i tunisini che rientrano dopo aver risieduto all'estero per un certo tempo.
Se si acquista casa si può portare un controvalore di 15.000 Dinari di masserizie di trasloco. Vincolo che vorrebbe spingere ad acquistare in loco.
Il vincolo del 51% del socio tunisino per il commercio interno e che tunisino sia pure l'amministratore della società è antico e vorrebbe servire a tutelare il lavoro dei tunisini, che ne hanno poco e fare in modo che i profitti realizzati in Dinari restino in Tunisia, siano reinvestiti o "consumati" in Tunisia.
Tutto sommato dopo 5 anni di residenza si può far domanda di cittadinanza e a quel punto si può svolgere un'attività anche nel commercio interno liberamente e senza soci indigeni (salva la verifica di cui sopra per quanto riguarda il pensionato).
Globalmente il quadro non è così male, considerato anche la prossimità del Paese all'Italia e le conseguenti "comodità" che ciò comporta.
In molti settori strategici il vincolo del 51% è stato superato, ad esempio nel settore turistico, in cui infatti diverse catene internazionali hanno annunciato e alcune avviato importanti progetti.
Ma chiaramente non si tratta di questioni alla portata o di interesse per un pensionato medio.
Il quale peraltro in massima parte rimpatria il residuo della pensione detassata non consumata in Tunisia. E, come già scritto sopra, non soggiorna (e quindi non consuma) nel Paese oltre lo stretto necessario al periodo di sei mesi da non trascorrere in Italia. Alcuni neppure quello, dato che vivono in paesi terzi o viaggiano.
Per concludere: le "rappresentanze", dove serviva, si sono mosse e si muovono. Si tratta sostanzialmente dell'ICE, ora ITA - Italian Trade Agency che opera in stretto contatto con le ambasciate (difatti gli uffici di Tunisi si trovano presso la stessa). Posto sempre che la materia degli incentivi agli investimenti è pura competenza del potere legislativo tunisino.
Sussiste tra Italia e Tunisia una importante partnership economica in entrambi i sensi a livello commerciale.
Ma il Paese ha fatto una scelta: quella di essere il cortile d'Europa. Tanta mano d'opera poco specializzata e a basso costo per assemblare e confezionare. Semilavorati che entrano, prodotti finiti o semi che escono. Pochissimo valore aggiunto. Ma cospicue economie di scala per l'imprenditore. Almeno fino adesso.
Volendo ottenere ulteriori facilitazioni per i nostri pensionati, noi cosa saremmo disposti a dare in cambio? Per esempio una semplificazione nell'ottenimento dei visti per studio e per lavoro? Ci sono 800.000 diplomati tunisini delle superiori e delle università disoccupati. Cosa potremmo fare per alcuni di loro?