Pandemia e malessere negli Expat: la cassetta degli attrezzi

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Pubblicato 2021-06-14 alle 10:00 da Francesca
La pandemia da COVID è considerabile a tutti gli effetti come un evento traumatico per chiunque, sia per le sue ripercussioni a livello socioeconomico che di salute mentale. Ce ne parla in questo articolo Emanuela Brusadelli, docente di Psicologia Clinica e vicedirettore del Professional and Clinical Psychology Programs presso la School of Psychology della University of Wollongong, Australia.  

Ogni persona e' unica e reagisce agli eventi avversi in maniera diversa, in base alle risorse psicologiche che ha a disposizione e alle difficolta' (sia interne che esterne) che si trova ad affrontare. Il proprio equilibrio, infatti, e' sempre determinato da questi due piatti della bilancia, e una persona si trova a sperimentare un forte stress quando le pressioni diventano maggiori delle risorse a disposizione, che possiamo immaginare come se fossero degli attrezzi all'interno della nostra cassetta da lavoro.

Questa e' una premessa necessaria e doverosa per comprendere come all'interno della macrocategoria Expat si trovino persone molto diverse fra loro, alcune delle quali hanno sofferto e stanno soffrendo piu' di altre la condizione pandemica.

Ci sono degli aspetti specifici dei cosiddetti Expat che possiamo immaginare possano aver influenzato in maniera piu o meno intensa il loro benessere in questo anno e mezzo. Tuttavia, noi come essere umani siamo degli organismi estremamente complessi, e pertanto non c'e' mai una sola motivazione, ma si tratta di un insieme di fattori connessi tra loro all'interno di un unico sistema, che si influenzano reciprocamente.

In primis, ci sono Expat che da sempre attribuiscono al viaggiare e allo spostarsi un significato importante, al punto da essere per molti una vera e propria esigenza. Vivere in posti diversi fa parte della loro identita' personale e in alcuni casi anche una strategia difensiva, che li aiuta a regolare il proprio mondo emotivo interno. Per queste persone, il divieto di spostamento ha avuto un impatto estremamente importante sul loro benessere.  Altri Expat, invece, sono stanziali, e possono aver accusato meno questa situazione. Tuttavia, la limitazione della propria liberta' (di movimento e di scelta), e' qualcosa che provoca un grandissimo senso di frustrazione per chiunque. In questo, il non poter tornare in Italia quando uno lo desidera. I lockdown che molti hanno vissuti hanno ulteriormente fatto toccare con mano questo senso di costrizione e impotenza, unitamente all'isolamento fisico e emotivo che rappresenta un'altra variabile importante. Ci sono persone per le quali stare in mezzo alla gente e' da sempre il modo (spesso l'unico modo) che hanno per stare bene, e che per questa ragione hanno sofferto moltissimo nel non poter avere contatti con altre persone.  Per alcuni Expat, la pandemia puo' aver risvegliato e/o intensificato dei vissuti di solitudine, specialmente quando non hanno (o non sentono di avere) una rete interpersonale forte dove vivono, e piu in generale quando non contattano un senso di appartenenza alla realta' in cui si trovano, aspetto essenziale per ogni essere vivente. A complicare questo quadro ci puo' essere il fatto che alcune persone possono avere una alta conflittualita' nel proprio ambiente familiare.

In tutti questi aspetti, fa eco per gli Expat la distanza dalla madre patria, e, per alcuni, il desiderio di rientrare nel proprio mondo “conosciuto” (e pertanto piu' sicuro). La percezione di pericolo, di isolamente, e piu' in generale la totale incertezza legata alla pandemia ha fatto attivare in tutti dei campanelli di allarme, che hanno portato ognuno istintivamente a ricercare una modalita' per proteggersi, rifugiarsi in un posto sicuro dove poter stare quanto meglio possibile. Per alcuni, la vicinanza coi propri affetti in Italia e' la cosa piu importante da ricercare in situazioni di questo genere.

Quando accadono eventi traumatici di questa portata che ci fanno sentire (e per alcuni provare realmente) intensamente la paura della morte, e' inevitabile che ciascuno riconsideri le scelte che ha preso e le priorita' che vuole perseguire nella propria vita. Ancora di piu', quando a questi pensieri si aggiungono emozioni forti come il senso di colpa legato al senso di impotenza (o meglio, di onnipotenza), ossia quella spinta interna che fa sentire di non aver fatto abbastanza, o di essere i diretti e unici responsabili del benessere (o sopravvivenza) di qualcuno che e' lontano, o altro ancora, con uno sguardo negativo e giudicante verso se stessi che (probabilmente da sempre) inquina il proprio benessere. Rispetto a questo, i lutti che abbiamo vissuto e che viviamo rappresentano un evento estremamente difficile e delicato.

Da non dimenticare che esiste una categoria di persone che vive qualsiasi cosa che succede loro in maniera distaccata, e che per stare bene disattivano forzatamente i campanelli di allarme che sentono,  un po' come quando Homer Simpson spegne le spie rosse della centrale nucleare in fiamme con un secchio d'acqua. In questi casi, questa strategia che per alcuni fa attutire bene il colpo all'inizio, fa poi emergere malesseri fisici di varia natura, oltre che comportamenti disfunzionali  e pericolosi (come l'aumento nell'uso di alcol, sigarette o altre sostanze, incluso il gioco d'azzardo), perche' le spie saranno anche spente ma la centrale sta comunque andando a fuoco. Per la stessa ragione, non si puo' pensare di “dimenticare in fretta e andare avanti come se niente fosse successo” come alcuni vorrebbero.

Prenderci cura del nostro benessere mentale (e fisico) deve essere una priorita' per tutti, ed e' importante ricordare che se stiamo male noi non siamo in grado di essere di aiuto a nessuno. Il primo step e' di provare a capire come stai ora, valutando un po' come e' andato questo lungo periodo, quali difficolta' hai dovuto affrontare e quali risorse sei riuscito a mettere in campo, provando a guardare entrambi i piatti della bilancia.

Per alcuni che sentono il bisogno di un aiuto, il grande consiglio e' quello di accogliere questa richiesta che proviene dall'interno e di seguirla, anche quando si tratta di un malessere che non siete tanto in grado di inquadrare con certezza. Chiedere aiuto prima di aver finito tutte le proprie risorse e' importante e permette una piu' rapida ripresa. Se invece sentite che di energie non ne avete piu', chiamate subito, meglio tardi che mai! Attualmente ci sono molti servizi anche gratuiti che sono stati attivati per la pandemia in tutti i Paesi. La scelta di cercare aiuto nel luogo dove vi trovate o in Italia e' soggettiva, non c'e' una ricetta che va bene per tutti, fate cio' che vi fa stare meglio.

In alcuni Paesi l'emergenza sanitaria e' ancora massiccia, in altri le restrizioni stanno progressivamente diminuendo, e si spera presto in un ritorno alla “normalita'” (o meglio, un ritorno alla “liberta'”). A tutti i sopravvissuti di questa pandemia, occorrera' molto tempo per elaborare il trauma (i traumi) e integrare quanto e' successo nella propria storia di vita. Per fare questo, le risorse sono fondamentali: la pandemia ha fatto saltare le strategie che molte persone usavano da sempre per stare bene e ci ha costretto e costringe tutt'ora ad essere flessibili, a cercare nuovi strumenti da aggiungere alla nostra “cassetta degli attrezzi”, piu' ne abbiamo meglio e'.

E tu che attrezzi hai a disposizione nella tua cassetta? Cosa potresti aggiungere?

Articolo scritto dalla Dott.ssa Emanuela Brusadelli