Roberta in Togo, dove sognare e sperare è ancora possibile!

Interviste agli espatriati
  • Roberta in Togo
Pubblicato 2016-02-04 alle 00:00 da Expat.com team
Roberta è laureata in Lingue e Letterature Straniere. Dopo essersi dedicata per alcuni anni all'insegnamento in Italia ed in Belgio, si trasferisce a Lomè dove apre assieme al marito un centro dedicato allo sviluppo e promozione della lingua italiana.

Ciao Roberta, hai voglia di raccontarci un po' di te e dei motivi che ti hanno portato a Lomè, in Togo?

Sono sposata con un Togolese e da diversi anni pensavamo all'idea di spostarci in Togo, un giorno. Avevamo voglia di un posto dove fosse possibile esprimere la nostra creatività, le nostre competenze. Un luogo dove sperare e sognare fosse ancora possibile. Così, dopo aver vissuto 4 anni a Bruxelles, ci siamo finalmente decisi. Ed eccoci qua, da febbraio di questo anno.

Cosa facevi prima e di cosa ti occupi attualmente?

Abbiamo vissuto a Bruxelles per 4 anni dove insegnavo italiano come free-lance in aziende e presso le istituzioni europee. Attualmente, con mio marito abbiamo creato il primo Centro Culturale Italiano a Lomé, la capitale del Togo.
Organizziamo corsi di italiano per gli studenti togolesi che vogliono proseguire i loro studi universitari in Italia, ma anche per chiunque voglia imparare la nostra lingua; organizziamo eventi culturali come serate di cinema, conferenze, atelier di cucina italiana, ecc.; abbiamo una biblioteca e una sala internet. Abbiamo in mente molti progetti per sviluppare le relazioni tra Togo e Italia.

Come si vive in Togo rispetto all'Italia? Quali sono le differenze principali?

Diciamo che, dopo alcuni anni di "vagabondaggio", ho capito che ognuno di noi è il risultato di ciò che ha respirato, visto, toccato e sentito nel corso della sua vita, quindi è normale e umano che manchino certe cose, una volta che ci si sposta in un ambiente molto diverso da quello a cui si era abituati.
Qui sto provando sensazioni che non ho mai provato a Bruxelles, perché ero comunque nel sistema Europa.
Qui è tutto diverso: i colori, gli odori, i rumori. Ci sono dinamiche diverse alle quali bisogna abituarsi, altrimenti si rischia di essere frustrati e di chiudersi nel proprio mondo.
Le cose che più mi mancano sono: il silenzio perché qui la vita è molto rumorosa (musica dei bar o dei negozi, chiese, moschee, le persone che cucinano nei cortili delle case e parlano a voce alta, ecc.); i bar o i caffè dove è possibile bere qualcosa di diverso dalla birra e dalle bevande tipo coca-cola (qui sono le uniche che propongono nei bar locali, a parte qualche rara eccezione); il cambio delle stagioni, anche se con grande sorpresa ho scoperto che qui non è sempre caldo, ma il clima è parecchio fresco (parliamo di 22°-23° eh!) per un bel po' di mesi; la privacy e il fatto di passare inosservata: qui non è possibile camminare per strada e evitare che ti osservino.
Le cose che, invece, mi piacciono sono: il fatto di aver potuto creare un'attività senza troppe difficoltà; la socialità nella vita di ogni giorno: c'è sempre gente per strada, qualcuno che cucina, che vende, ecc.; la facilità nell'organizzarsi: facciamo una festa domani? Ok, non c'è problema. Con un po' d'improvvisazione si fa tutto.
Un'altra cosa che mi piace è che sto imparando a essere molto paziente qui. Sarà lo spirito di sopravvivenza o la saggezza, chi lo sa. Quello che è certo è che per un Europeo, il ritmo togolese è impensabile. Io penso che sia dovuto anche al clima.
Il caldo influisce tanto sui ritmi quotidiani e anch'io mi sento più rallentata qui.
Un'altra cosa che mi piace è il fatto di dare importanza alle persone anziane e ai familiari. Qui non esistono case di cura. La mamma o il papà vivono a casa con qualcuno, fino alla fine. Anche per me è diventata una cosa quasi scontata ora. Mi sono abituata all'idea e non mi spaventerebbe farlo. Anche il modo di vivere la morte mi piace. Non c'è quell'idea, tutta europea, macabra, buia, piena di tabù. Qui, la morte è vissuta come un evento naturale (non certo la morte di un giovane o di un bambino), quindi quando muore una persona di una certa età, si festeggia alla grande, con cibo, alcool e musica, con tanto di centinaia di invitati. I funerali sono gli eventi mondani qui, soprattutto nei paesini lontani dalla capitale.

Ci sono molti Italiani a Lomè?

Non siamo moltissimi, ma più di quello che pensavo quando sono arrivata.
In questi mesi, ho costruito una belle rete di contatti e amicizie con gli Italiani che vivono qui, anche grazie al mio lavoro.
Abbiamo organizzato, per esempio, una Fiera Italiana per l'inaugurazione del nostro Centro Culturale Italiano. C'erano alcuni Italiani che hanno attività commerciali qui. Si tratta di persone venute qui con l'idea di creare un'attività, un po' come noi.
Ci sono, per esempio, due ragazze architette che hanno messo su uno studio di architettura, un'altro che ha aperto un negozio dove vende materiali italiani per la casa (piastrelle, porte, cucine, ecc.), un altro ragazzo, sposato con una ragazza togolese, che sta pensando di creare un servizio di catering italiano. Insomma, sono persone veramente in gamba, dinamiche e intelligenti.

Paese che vai, usanze che trovi: c'è un'abitudine locale che ti ha maggiormente colpito?

Si, come dicevo prima, il fatto che la famiglia sia molto importante e come viene vissuta la morte.
Per esempio, nella casa familiare di mio marito, hanno riservato una piccola stanza per gli antenati. Ci sono tutte le foto delle persone più importanti della famiglia e c'è un piccolo spazio dove si mettono le offerte per loro (cose da bere o da mangiare) quando si va a trovarli.

Come giudichi il costo della vita a Lomè?

La vita è abbastanza cara.
Se si vuole mangiare bene, cioè mangiare carne o pesce prodotto in loco (e non proveniente dall'Europa, congelato), bisogna spendere. Poi, diciamo che un discorso a parte merita lo straniero, come me, che vive qui. Se si va nei supermercati per bianchi o per togolesi che vogliono fare i bianchi, si spendono un sacco di soldi, ma spesso si torna a casa con roba di pessima qualità. Prodotti che in Europa sono venduti come sottomarca, qui diventano chic e carissimi. E' veramente una presa in giro.
Io ho smesso di andare in questi supermercati, tranne quando voglio fare la pizza o qualcosa di particolare.
Mangio locale: verdura, frutta, carne e pesce. La pasta si trova e anche altre piccole cose di cui ogni tanto posso aver voglia (il vino, ecc.).

A livello di vita sociale e culturale, che opportunità offre la città?

Dal punto di vista sociale, la città, come dicevo prima, è ricchissima: migliaia di bar dove tutti i week-end, ma anche durante la settimana, la gente si trova a bere e chiacchierare; ci sono alcuni centri culturali che organizzano concerti, esibizioni e serate particolari; ci sono i locali un po' all'europea (più cari), dove è possibile mangiare e bere qualcosa. Ci sono i locali dove organizzano concerti dal vivo. Ci sono le discoteche (anche se la gente può mettersi a ballare in un bar qualunque o per strada).
Mancano i cinema (c'è solo qualche centro culturale che organizza proiezioni).
Ci sono le spiagge con bar e locali. E poi le chiese. Si, le chiese evangeliche, qui, sono un vero fenomeno sociale. Ce n'è una ogni 100 metri e sono attivissime. A volte, organizzano delle notti di veglia, altre volte sessioni di preghiera durante la settimana, ecc.

Raccontaci la tua giornata e come passi il tempo libero...

La mia giornata comincia abbastanza presto qui. Faccio colazione con mio marito e mia figlia, poi portiamo la bimba dalla nonna.
Verso le 9.30 arriviamo alla Casa Italiana, il nostro Centro Culturale Italiano e comicia la giornata di lavoro. A volte, abbiamo i corsi, altre seguiamo progetti particolari, accogliamo le persone che vengono a farci visita, ecc.
Verso le 18 finiamo di lavorare e torniamo a casa.
La sera siamo abbastanza stanchi, quindi non facciamo grandi cose. Può capitare che andiamo a cena da qualche amico, che rimaniamo a fare due chiacchiere con qualcuno della famiglia di mio marito o che beviamo qualcosa in un bar.
Il fine settimana, invece, quando abbiamo un po' più di tempo, ci rilassiamo un po': andiamo in spiaggia, al ristorante, a pranzo/cena da amici. Ogni tanto, facciamo un giro fuori città: andiamo in una zona collinare del paese (Kpalimé), al lago, ecc.

Per quanto concerne l'assistenza sanitaria, come giudichi il livello delle cure a Lomè? Meglio optare per il settore pubblico o privato?

Questo, insieme alla non gestione dei rifiuti che, quindi, vengono spesso bruciati per strada (anche se è più materiale organico che plastica), è l'aspetto negativo della mia vita qui.
Devo dire che, in realtà, fino ad ora, non ho avuto grandissimi episodi spiacevoli, seppur abbia avuto a che fare con gli ospedali (privati). Bisogna dire, però, che qui i medici hanno la tendenza a dare antibiotici per qualsiasi cosa, hanno la tendenza a credere che qualsiasi malattia tu abbia sia per forza malaria e accadono cose strane.
Una volta, per esempio, sono andata in un ambulatorio di quartiere per la mia bambina di 2 anni e ho dovuto comprarle il termometro allo sportello, prima di poterla far visitare dal medico.

Trasferirsi all'estero è un'esperienza che arricchisce ma comporta anche difficoltà, come descriveresti i diversi aspetti della tua esperienza?

E' solo mettendosi alla prova in contesti diversi che possiamo capire davvero i nostri limiti e la nostra forza, quindi direi che è un'esperienza sempre interessante. Inoltre, è solo vivendo in altri paesi che ho capito i limiti dell'Italia rispetto al Belgio, per esempio, dell'Europa rispetto all'Africa e viceversa.
Il sito del nostro Centro Culturale Italiano è: www.lacasaitalianatogo.com

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