La depressione durante un espatrio: cause e soluzioni

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Pubblicato 2023-11-06 alle 11:00 da Estelle
La salute mentale e la depressione sono argomenti di cui si parla con sempre più frequenza da qualche anno a questa parte. Secondo l'OMS, la depressione colpisce 300 milioni di persone in tutto il mondo. Esaminiamo le principali cause della depressione tra gli espatriati con l'aiuto di una psicologa.

Espatrio e depressione 

Nell'immaginario comune, l'espatrio è sinonimo di gioia di vivere e di realizzazione. Ma non è sempre così. Lo shock culturale, le difficoltà di comunicazione, la disillusione e la lontananza dai propri cari possono condurre alla depressione. Lo stesso vale se l'espatrio non è una scelta personale ma obbligata, per seguire il partner o per sfuggire a una difficile situazione geopolitica.

Ognuno di noi è diverso e non reagisce allo stesso modo di fronte a un cambio di vita. Mentre una persona, nonostante gli incidenti di percorso, resiste e va avanti, un'altra può scivolare lentamente nella depressione.

La testimonianza di un'esperta

Per aiutare a comprendere questo disturbo tra gli espatriati, una psicologa ha accettato di fornire il suo punto di vista sull'argomento.

Elena Nemilova è una psicologa di origine russa che esercita in Italia da 12 anni ed è iscritta all'Ordine degli Psicologi della Regione Lazio. Lavora con italiani, ovviamente, ma dato che parla russo, lavora anche con molti pazienti di lingua russa, sia russi che ucraini, oltre che con persone provenienti da altri Paesi dell'ex Unione Sovietica. L'esperta racconta la sua esperienza e condivide il suo punto di vista su quanto osservato tra i suoi pazienti.

"Prima di entrare nel vivo della questione, è importante sottolineare un aspetto fondamentale: la depressione è un termine clinico che si riferisce alla condizione neurofisiologica di una persona. È importante capire che la migrazione, l'espatrio, il cambio di nazione, come qualsiasi altro cambiamento importante (tipo una maternità, un lutto, un incidente, un evento traumatico), possono fragilizzare una persona. Quindi, in un individuo tendenzialmente depresso, cambiare Paese potrebbe acutizzare il disturbo.

In questa testimonianza non parlerò di persone già affette da depressione, ma solo di quelle che non soffrivano di questa condizione neurofisiologica (o che hanno dichiarato di non soffrirne) prima di trasferirsi all'estero. In altri termini, persone che sono socialmente integrate, che vivono una vita soddisfacente dal punto di vista relazionale, professionale e individuale. Sto parlando di persone cosiddette "normali" (un termine che non dovrebbe essere usato, ma che è entrato nel linguaggio comune).

Quello che ho osservato in tutti questi anni è che, prima del febbraio 2022 (quando è scoppiata la guerra in Ucraina), i russofoni che venivano in Italia lo facevano per scelta. Venivano per sposarsi, per lavorare o semplicemente per rifarsi una vita in un nuovo Paese. Per tutti questi profili (se non altro per quelli che ho seguito io) si trattava di una decisione libera e non di una scelta obbligata.

Ma dal momento in cui una persona è costretta a lasciare la propria casa, come è successo negli ultimi due anni nei Paesi dell'ex Unione Sovietica, l'insorgere di stati depressivi è molto più frequente. Direi che nel 100% dei casi, chi è costretto a cambiare nazione, sperimenta la depressione.

La depressione è indubbiamente legata a un cambio di abitudini nella vita quotidiana: difficoltà di comunicazione, mancanza della propria lingua, tempi di adattamento ridotti, istituzioni locali che funzionano in modo estremamente diverso da quello a cui i miei pazienti erano abituati. La maggior parte interagisce a fatica con gli addetti del Comune, in tribunale, nelle stazioni di polizia e via dicendo. Tutto questo genera un sentimento di non accettazione, disperazione, tristezza, ansia, pensieri intrusivi, pensieri ossessivi e rabbia nei confronti dello Stato che sembra non volerli accogliere.

Per quanto riguarda i sintomi della depressione, mi concentrerò sullo stato depressivo, che si accompagna a diverse manifestazioni cliniche. La prima è un'alterazione del ciclo del sonno: la persona inizia a dormire troppo o per niente. La maggior parte dei pazienti accusa questo problema con il sonno, che sfocia in una condizione di stanchezza cronica e perdita di concentrazione. In più, si verifica una mancanza di motivazione a svolgere attività che prima davano piacere (come disegnare, camminare, leggere, ecc.). Concentrarsi su queste attività diventa difficile a causa delle preoccupazioni, delle ansie e dello stato di agitazione del paziente. Tutti questi fattori allungano i tempi di adattamento e di integrazione nel nuovo Paese.

Uno dei sintomi a cui prestare attenzione è l'assenza di emozioni. Purtroppo le persone che vivono in uno stato di agitazione lo interpretano come un buon segno perché, con il tempo, non provano solo sentimenti negativi come la rabbia o l'ansia, ma anche emozioni piacevoli come la gioia, l'eccitazione, la positività e la curiosità. Le persone depresse sono felici quando provano questo tipo di emozioni perché percepiscono meno sofferenza. Si tratta però di un campanello d'allarme a cui bisognerebbe fare attenzione.

Dal momento in cui una persona si trasferisce all'estero, perde la sua cerchia di amici, o perlomeno le persone con cui interagiva quotidianamente. È qui che entra in gioco l'importanza del contesto sociale, perché di solito una persona depressa non se ne rende conto da sola. E' chi la circonda che inizia a fare domande tipo "Perché non esci più a mangiare una pizza con noi?", "Perché sei sempre in ritardo al lavoro?". In genere, è la cerchia sociale che fa capire alla persona interessata di aver perso le sue abitudini e di essersi isolata.

In questo contesto, immaginiamo una persona appena trasferita all'estero che non ha i contatti che aveva prima (amici, colleghi di lavoro, medico di base). Non c'è nessuno che gli dica: "Senti, non ti fai la doccia da tre giorni", "Non esci di casa nei fine settimana" o, peggio ancora, "Non ti alzi dal letto". Non c'è nessuno che gli faccia notare il cambiamento negativo a livello di comportamento e, rendersene conto da soli, è complicato. 

Uno dei suggerimenti da dare a chi si trasferisce all'estero è quello di integrarsi il più rapidamente possibile. Alcuni dicono che è meglio entrare in contatto con connazionali, quindi ad esempio una persona russa dovrebbe trovare un gruppo di russi. Altri, come me, consigliano di inserirsi in un contesto locale in modo da potersi integrare rapidamente nella società in cui si vive. In Italia questo potrebbe essere più difficile a causa della barriera linguistica. Il consiglio migliore per chi si trasferisce è di mantenere i vecchi legami e allo stesso tempo circondarsi di persone nuove, che osservando con occhio distaccato, siano obiettive nel giudicare e comunicare dei comportamenti usuali. 

L'interazione sociale è estremamente importante all'estero perché ti fa capire, attraverso gli altri, come stai realmente, permettendoti di parlare dei tuoi sentimenti, delle tue preoccupazioni e delle tue emozioni. Con questi presupposti, potrai sia integrarti nella comunità, sia capire quando c'è qualcosa che non va a livello psicologico. Ciò detto, una persona potrebbe sviluppare un disagio senza averne contezza.

Infine, vorrei sottolineare che cambiare nazione, come qualsiasi altro cambiamento importante nella vita di una persona, non comporta necessariamente dei disturbi mentali. Ad esempio, è diventato molto comune informare le mamme in attesa che il parto può essere mentalmente stressante e lo stesso vale per chi subisce un lutto. C'è una reale consapevolezza di questi problemi e del fatto che i cambiamenti importanti possono, occasionalmente, sconvolgere. Ma è anche opportuno dire che questo non è sempre vero, e che i cambiamenti possono segnare l'inizio di un processo evolutivo. Una persona potrebbe scoprire nuovi tratti della sua personalità, di cui prima non era a conoscenza. In effetti, un'esperienza difficile può, nel tempo, favorire la crescita personale.

Incoraggio le persone a cercare l'aiuto di un professionista, non solo per prevenire l'insorgere di problemi di salute mentale, ma anche per normalizzare l'esperienza che stanno vivendo e scoprire che non sarà necessariamente problematica".