La Cina riapre i battenti: cosa significa per gli espatriati e per l'economia?

Vita quotidiana
  • Nanjing Road, Shanghai
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Pubblicato 2023-01-25 alle 00:00 da Ameerah Arjanee
Dopo 3 anni, l'8 gennaio scorso la Cina ha finalmente riaperto le frontiere. La maggior parte dei viaggiatori può ora accedere presentando un test PCR negativo. La notizia è stata accolta con sollievo dagli espatriati in Cina, che vogliono riprendere a godersi la vita che amavano. Tuttavia, quelli che sono rimasti bloccati fuori dal Paese dopo marzo 2020 sono indecisi se tornare o meno, dubbiosi sulle prospettive economiche degli espatriati in Cina.

La Cina revoca le misure contro la pandemia con un'improvvisa inversione di rotta

Nel dicembre 2022, il governo cinese ha fatto un'improvvisa inversione di rotta nella sua politica anti-pandemica. Ha annunciato che la quasi totalità delle restrizioni degli ultimi 3 anni sarebbe stata revocata l'8 gennaio. Oggi, i viaggiatori in arrivo non devono più sottoporsi alla quarantena, nemmeno presso il domicilio. È sufficiente un test PCR negativo effettuato 48 ore prima del volo.

Gli espatriati con permesso di soggiorno per lavoro e per ricongiungimento familiare possono entrare in Cina da settembre 2020, ma allora dovevano comunque sottoporsi alla quarantena. Sebbene i servizi di immigrazione cinesi non abbiano ancora iniziato a rilasciare nuovi visti turistici, i cittadini dei Paesi con un accordo di esenzione dal visto hanno accesso sul territorio. Ad esempio, 53 paesi (tra cui Stati Uniti, Regno Unito, Germania, Francia e Singapore) possono godere di un transito senza visto di 144 ore in alcune zone della Cina mentre sono diretti verso un'altra destinazione. L'agenzia di viaggi China Highlights stima che tutti i visti turistici e decennali (quest'ultimo è disponibile solo per i cittadini canadesi) saranno rilasciati a partire dal secondo trimestre del 2023.

Reuters riporta che lo scorso 8 gennaio migliaia di persone sono entrate in Cina da Hong Kong. I banchi del check-in dell'aeroporto internazionale di Hong Kong erano affollati da molti residenti di questa regione amministrativa speciale, felici di poter rivedere le loro famiglie nella Cina continentale. Il South China Morning Post informa che, ad oggi, si registrano 500.000 passaggi di frontiera giornalieri tra Hong Kong e la Cina.

Purtroppo, sono sorte alcune tensioni a livello diplomatico. Quando il Giappone e la Corea del Sud hanno deciso di imporre restrizioni all'ingresso dei viaggiatori provenienti dalla Cina (test Covid negativi solo per i viaggiatori cinesi, limitazione sul numero di voli) a causa dell'aumento dei contagi, Pechino si è vendicata sospendendo tutti i visti a breve termine per i giapponesi e i coreani, anche per cure mediche.

L'improvvisa inversione di politica ha effettivamente fatto aumentare i casi di Covid in Cina. Airfinity, un'azienda britannica di elaborazione di dati sanitari, stima che dopo la revoca improvvisa, e non graduale, delle misure di distanziamento sociale, ci siano 1 milione di nuovi casi al giorno. Il Centro cinese per il controllo e la prevenzione delle malattie ha riferito che a fine dicembre, prima ancora che i confini fossero completamente aperti, quasi il 20% della popolazione era infetto.

Gli espatriati in Cina sono sollevati, mentre quelli bloccati all'estero sono indecisi se tornare 

Gli espatriati che vivono in Cina in pianta stabile tirano un sospiro di sollievo. Vogliono riprendere a godersi la loro vita, anche se sanno che le cose non saranno più come prima. Tanti di loro, per scelta o perchè costretti, negli ultimi tre anni non sono potuti uscire dal Paese. 

Jeanne, un'insegnante francese sulla trentina, racconta che gli ultimi anni sono stati surreali e carichi di paura. Riferisce che, quando andava al lavoro, portava sempre un borsone con dentro un cambio nel caso in cui le autorità avessero impedito a tutti di lasciare la scuola per un caso positivo. Non è tornata in Francia per festeggiare il Natale con la sua famiglia solo per evitare la quarantena obbligatoria al ritorno. Tutto questo stress l'ha portata a voler lasciare la Cina. Ha già fatto domanda per andare a insegnare nel Regno Unito o in Australia; sta solo aspettando un'opportunità per partire. Teme che altre nazioni impongano il divieto di accesso ai viaggiatori provenienti dalla Cina e che questo possa far saltare i suoi piani di trasferimento.

Un altro espatriato francese, Thibault, un esperto informatico, ha deciso di restare in Cina nonostante abbia vissuto la stessa condizione di Jeanne. A dire il vero, quando è andato a casa in vacanza l'estate scorsa, era indeciso se tornare in Cina, ma alla fine l'ha fatto. Quando il governo ha annunciato l'abolizione delle restrizioni, era così entusiasta che è andato a festeggiare con gli amici a Shanghai, trovando però una città piuttosto vuota perché molti residenti erano positivi al Covid. E' conscio del fatto che tanti espatriati se ne siano andati l'anno scorso, ma vuole comunque rimanere per "tornare ad apprezzare il bello di vivere in Cina" e per contribuire alla ripresa economica del Paese.

Altri espatriati sono stati costretti a vivere fuori dalla Cina per 3 anni. Al momento della chiusura delle frontiere cinesi nel marzo del 2020, o erano all'estero e non hanno potuto rinnovare il visto, oppure erano dovuti tornare temporaneamente in patria per motivi familiari o di salute. 

Nella rivista Sixth Tone, un ex espatriato americano a Shanghai, Alex Shoer, racconta perché è improbabile che torni. Viveva a Shanghai da una decina d'anni e aveva anche avviato un'attività in proprio. Nel marzo del 2020 era in viaggio all'estero e aveva deciso di tornare per qualche tempo a casa in attesa di poter rientrare in Cina. Il progetto è stato rimandato a più riprese e nel frattempo ha iniziato una relazione seria negli Stati Uniti. Pur continuando a lavorare da remoto per la sua azienda di Shanghai, afferma che è difficile che abbandoni la vita che si è costruito in questi 3 anni in America. Pensa inoltre che il periodo d'oro per gli espatriati in Cina sia finito.

Gli espatriati o i cittadini bloccati all'estero potrebbero anche non avere intenzione di tornare subito a causa della scarsità di voli e dei prezzi altissimi dei biglietti. Sul quotidiano francese Le Figaro, Zoé racconta di non voler spendere i soldi per un volo che potrebbe essere cancellato in caso di contagio su uno degli aerei della compagnia. Shan, un cittadino cinese che vive in Francia, dice che attualmente un viaggio di andata e ritorno tra Francia e Cina costa tra i 2000 e i 3000 euro. Altri stanno aspettando che il picco di Covid in Cina finisca. Chloé dice che non tornerà immediatamente perché, nel caso in cui si dovesse ammalare, ha paura di non trovare un posto letto dato il sovraffollamento negli ospedali.

Le prospettive economiche degli espatriati in Cina restano incerte

I timori di alcuni espatriati riguardo all'economia non sono infondati. Infatti, come riporta il New York Times, l'economia cinese è cresciuta solo del 2,9% nel 2022, ovvero meno della metà rispetto alla crescita dell'8,1% del 2021. La situazione economica non era così grave dal 1976, anno della morte di Mao Zedong. La crescita economica della Cina ha subito un rallentamento a partire dal 2010, passando da una crescita annuale di circa il 10% a circa il 6-8%, ma non era mai stata al di sotto del 3%.

Gli espatriati stanno accusando un colpo doppio perché non solo l'andamento dell'economia è in negativo, ma negli ultimi 3 anni le aziende hanno iniziato a dare priorità d'assunzione ai lavoratori locali. Le autorità hanno anche dato un giro di vite ai settori in cui lavorano molti espatriati, in particolare l'istruzione e la tecnologia, e le riforme sull'immigrazione si sono arenate. 

Alla fine del 2021, il governo cinese ha vietato le ripetizioni private per diminuire la pressione sugli studenti. In passato, dare ripetizioni di inglese, o di altre lingue straniere, era un modo relativamente facile per ottenere un permesso di lavoro e di soggiorno in Cina. In Sixth Tone, Sid, un ex espatriato russo, racconta di come ha perso il suo lavoro di tutor di inglese nel 2021. Quando ha cercato di rinnovare il suo visto di lavoro per altre mansioni, la sua domanda è stata respinta ed è stato costretto a tornare a casa.

Se prima della pandemia la Cina stava cercando di alleggerire le leggi sull'immigrazione, dal 2020 ha fatto marcia indietro. Nel 2018 è stata creata l'Amministrazione Nazionale per l'Immigrazione (NIA) e nel febbraio 2020, un mese prima che il Covid fosse dichiarato ufficialmente una pandemia, aveva rielaborato le normative affinché più stranieri potessero ottenere permessi di lavoro, residenza permanente e benefici sociali. Con l'arrivo della pandemia, queste nuove regole sono state sospese a tempo indeterminato.

Le leggi sull'immigrazione non sono l'unico ostacolo. Nei tre anni in cui gli stranieri non hanno potuto entrare nel paese, le aziende con sede in Cina, comprese le multinazionali, si sono abituate ad assumere professionisti locali. I lavoratori stranieri, anche quelli che occupano posizioni manageriali e altamente tecniche, non hanno più la precedenza sui cinesi.

In un altro articolo di Sixth Tone sulla localizzazione della forza lavoro cinese, gli esperti parlano di come le aziende siano state costrette a riqualificare i lavoratori locali e ad adattare le loro attività in assenza di personale straniero. Majdi Alhmah, gestore di una piattaforma di lavoro per espatriati, afferma che i dirigenti del polo automobilistico nord-orientale di Changchun sono ora, per la maggior parte, cinesi.

Negli ultimi 3 anni, anche la stesura dei documenti e la comunicazione in ufficio si svolge principalmente in cinese (anziché in cinese e in inglese). Di conseguenza, anche se gli espatriati possono rientrare in Cina, nel 2023 avranno a che fare con un mercato del lavoro molto diverso da quello a cui erano abituati.