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L'IA sostituirà gli studi superiori all'estero?

jeune etudiant
diignat / Envato Elments
Scritto daAsaël Häzaqil 03 Dicembre 2025

Risparmiate tempo e denaro puntando sui corsi brevi: è il messaggio che i sostenitori dell'IA rivolgono agli studenti e a chi sta pensando di diventarlo, anche all'estero. Secondo loro, la rivoluzione digitale in atto surclassa i percorsi di studio lunghi. Si parla spesso della scelta del Paese in cui trasferirsi e dell'università a cui iscriversi, ma si dovrebbe prestare attenzione anche alla durata dei corsi. L'IA vanifica l'importanza dei programmi di studio a lungo termine? E quale sarà il futuro della mobilità internazionale degli studenti?

Le "grandi menti" non studiano più?

Negli Stati Uniti, Emirati Arabi Uniti, Francia, Sudafrica, Australia, Cile e Giappone ci si chiede: è indispensabile integrare l'intelligenza artificiale nei corsi universitari? Per i sostenitori del "sì", il semplice fatto di porsi ancora la domanda dimostra che siamo in ritardo. Sono finiti i tempi in cui ci si sedeva sui banchi dell'università per coltivare il proprio sapere, in cui si viaggiava all'estero per il semplice piacere di scoprire un'altra cultura. I sostenitori dell'IA sono volutamente cinici perché, secondo loro, gli espatriati e i futuri espatriati non possono fare a meno dell'intellingenza artificiale.

In Francia, questo presupposto è sostenuto da Olivier Babeau (saggista) e Laurent Alexandre (medico, imprenditore) in un libro dal titolo volutamente provocatorio: "Smettetela di studiare: imparare diversamente nell'era dell'IA". Secondo loro, è inutile studiare in un'università che non integra l'IA nei suoi corsi.

Studi superiori con o senza l'intelligenza artificiale

In Canada, grandi università come McGill, York o Toronto hanno rivisto i loro programmi integrando l'intelligenza artificiale. Queste università sono partite da una constatazione: studenti e professori utilizzano sempre di più le IA. Questo è confermato da un sondaggio del 2024, condotto da Studiosity, una piattaforma di apprendimento online. Secondo i risultati del sondaggio, il 78% degli studenti indica di utilizzare l'IA per studiare o svolgere lavori universitari. Quanto ai docenti, il 41% utilizzava l'IA nel 2024, contro il 12% nel 2023 (dati del rapporto pancanadese sull'apprendimento digitale).

Conclusione delle università: i programmi devono adattarsi. Ma non in modo qualsiasi. A Toronto, si punta sul pragmatismo. Sì ai docenti che vogliono utilizzare l'IA. Sì anche a quelli che la ritengono inutile. York e McGill seguono la stessa logica. Le loro parole d'ordine: "trasparenza e riflessione". Le preoccupazioni dei docenti di fronte all'ascesa dell'IA devono essere prese in considerazione. Contrariamente al presupposto di Babeau e Alexandre, avvertono sui pericoli di vedere gli studi superiori solo attraverso il prisma dell'IA.

Studi prolungati e inserimento professionale

Si è a lungo pensato (e si pensa ancora) che gli studi di lunga durata assicurassero un buon inserimento professionale. È ancora vero in molti settori. È impossibile essere medico, professore universitario, avvocato, architetto, ingegnere, magistrato o contabile senza seguire un corso di studi prolungato.

Ma oggi, gli studi lunghi non sono più una garanzia, data la precarietà in crescita e i tanti laureati disoccupati. I giovani laureati sarebbero le prime vittime della "rivoluzione dell'IA". I loro predecessori, laureati negli anni 2010, erano le vittime delle crisi economiche ripetute. Paradosso: più si studia, più l'inserimento nel mercato del lavoro sembra difficile. Come spiegare la precarietà degli studenti laureati?

Si constata innanzitutto che i laureati subiscono le conseguenze della congiuntura. L'instabilità del mercato economico internazionale ha ripercussioni sull'occupazione e sulle previsioni di assunzione. Le crisi si susseguono, escludendo una parte dei giovani laureati dal mercato del lavoro. Ma non tutti sono colpiti allo stesso modo: i laureati delle facoltà generiche sono i più colpiti dalla precarietà. I laureati delle facoltà tecniche o scientifiche se la cavano meglio, poiché beneficiano della carenza di manodopera mondiale. Altri fattori che possono spiegare la precarietà dei giovani laureati: la scarsa mobilità e l'inadeguatezza degli studi rispetto alle esigenze delle aziende.

Non bisognerebbe quindi accantonare a priori gli studi lunghi. Bisognerebbe piuttosto affrontare le vere cause della precarietà dei giovani laureati. Per esempio: incoraggiare la mobilità all'interno del Paese e all'estero; informare gli studenti fin dal liceo sulle loro scelte di orientamento, ma senza metterli sotto pressione.

IA e scelta degli studi superiori all'estero

Da alcuni anni, non si contano più gli articoli che elencano i lavori in via di estinzione a causa dell'IA. Alcuni lavoratori sono preoccupati. Altri si riconvertono non avendo altra scelta. Alcuni sono contenti di aver scelto il giusto percorso... prima di essere, a volte, messi da parte dagli stessi strumenti che hanno progettato. Basta pensare agli esperti del dipartimento IA di Meta, minacciati di licenziamento. Assisteremo gli stessi fenomeni negli studi superiori? Gli studenti dovranno scegliere i loro studi superiori e il loro Paese di espatrio in funzione dell'IA?

Nel marzo 2025, OpenAI (azienda americana di IA) annunciava un super investimento di 50 milioni di dollari per potenziare la ricerca accademica. Science Po (Francia) e l'università di Oxford (Regno Unito) sono tra u beneficiari. Ovviamente, i fondi andranno anche alle università americane d'eccellenza. OpenAI ambisce a creare un ecosistema che inglobi i migliori istituti americani e nel mondo. I futuri espatriati avrebbero quindi tutto l'interesse a iscriversi ad Harvard, Duke, Howard, l'università statale della California, del Michigan, della Georgia o del Mississippi.

Corsi lunghi: lasciate che i giovani studino

"L'IA non è un fondamento del sapere, ne facilita l'accesso", corregge Jean-Michel Dogné, professore e decano della facoltà di medicina dell'UNamur (a Namur, in Belgio). Rispondendo ai due scrittori francesi citati sopra, dice che incoraggiare i giovani a non studiare più e a "imparare tramite l'IA" equivale a considerare le IA come un sapere. In realtà, non sono un sapere. Facilitano l'accesso al sapere. Parla anche dei rischi dell'IA, tra cui il crollo delle competenze, la perdita di discernimento, della capacità di riflettere e di prendere decisioni corrette. Lo si vede in particolare in medicina, con gli errori diagnostici prodotti dall'IA.

L'IA è uno strumento al servizio degli uomini, non il contrario. Sarebbe quindi pericoloso basare tutto il proprio percorso universitario, i propri progetti di espatrio e di carriera, solo attraverso il prisma dell'IA. Fare studi brevi o lunghi non è quindi il problema. Il vero problema è che passa troppo tempo tra la fine degli studi e l'ottenimento del primo lavoro, generando disoccupazione a livello globale.

Ridurre la durata degli studi non risolverà il problema della disoccupazione, perchè il numero di giovani che cercerà impiego a termine del ciclo breve di studi, sarà sempre lo stesso. Di contro, l'IA mal utilizzata può effettivamente influire sul mercato del lavoro, e quindi, sulle possibilità dei laureati di ottenere un posto. Spetta ai governi e alle aziende conciliare la ricchezza dei saperi umani, l'educazione, la mobilità internazionale e lo sviluppo economico.

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A proposito di

Asaël Häzaq, web editor specializzato in notizie politiche e socioeconomiche, osserva e decifra le tendenze dell'economia internazionale. Grazie alla sua esperienza come espatriata in Giappone, offre consigli e analisi sulla vita da espatriato: scelta del visto, studi, ricerca di lavoro, vita lavorativa, apprendimento della lingua, scoperta del Paese. Titolare di un Master II in Giurisprudenza - Scienze Politiche, ha sperimentato anche la vita da nomade digitale.

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