Il ruolo dell'intelligenza artificiale nelle politiche economiche di immigrazione

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Scritto da Asaël Häzaq il 30 novembre, 2023
L'intelligenza artificiale ha fatto il suo ingresso nella pubblica amministrazione e i governi stanno legiferando per cercare di regolamentarla. Viene anche utilizzata per gestire le politiche migratorie e per combattere la carenza di manodopera. Che impatto hanno queste nuove strategie sull'espatrio?

Stati Uniti: un decreto per regolamentare l'uso dell'IA

"L'intelligenza artificiale ha un grande potenziale, ma questa tecnologia deve essere regolamentata per controllarne i rischi. Non c'è altra soluzione", ha dichiarato Joe Biden lo scorso 30 ottobre. Consapevole delle grandi opportunità, ma anche dei grandi rischi legati all'intelligenza artificiale (IA), il Presidente degli Stati Uniti ha firmato un ordine esecutivo per regolamentare l'IA. Utilizzata in molti ambiti, tra cui settori sensibili come l'immigrazione o la valutazione della carenza di manodopera, l'IA deve, per Biden, essere controllata meglio. Il decreto influirà sulla politica migratoria americana in merito all'immigrazione economica.

Molte professioni utilizzano o sono legate all'IA, soprattutto in ambito STEM (scienza, tecnologia, ingegneria e matematica), settori che cercano regolarmente talenti stranieri. Il Dipartimento del Lavoro degli Stati Uniti è stato incaricato dalla Casa Bianca di identificare le professioni "legate all'IA e alle STEM". Il Dipartimento deve anche valutare l'eventualità di aggiornare l'elenco delle occupazioni "Schedule A". Istituito negli anni '60, l'elenco delle occupazioni "Schedule A" consente al governo di attrarre più facilmente talenti stranieri nei settori con una forte carenza di manodopera. Gestita dal Dipartimento del Lavoro, è parte integrante della politica statunitense di immigrazione economica. Una professione inserita nella Schedule A permette a un'azienda di assumere un lavoratore straniero più rapidamente, aggirando alcune fasi del processo di immigrazione.

Nuove tecnologie per valutare la carenza di manodopera

L'elenco attuale, che non ha subito alcuna revisione importante dal 1991, è obsoleto. Include solo due gruppi: uno riservato a fisioterapisti e infermieri; un altro rivolto ad alcuni lavoratori nel campo delle scienze e delle arti.

Per la Casa Bianca, gli annunci di lavoro devono riflettere l'attuale clima economico per consentire l'incontro tra domanda e offerta, e combattere efficacemente la carenza di manodopera. È qui che entrano in gioco le nuove tecnologie. Il Dipartimento del Lavoro intende analizzare i dati del mercato (crescita dei posti di lavoro, settori interessati, tasso di disoccupazione, tasso di posti vacanti, tendenze salariali, ecc.) per individuare con precisione i settori che presentano carenze critiche e che quindi hanno urgente bisogno di forza lavoro. Per il governo statunitense, l'aggiornamento della Schedule A avrà effetti sia immediati che a lungo termine. Permetterà di attrarre talenti stranieri per colmare le attuali esigenze di manodopera, ma anche di attrarre stranieri qualificati a lungo termine, in particolare nei settori STEM e sanitario. I dati raccolti potrebbero anche fornire una visione economica più ampia e predittiva. Incoraggerebbe la flessibilità, la formazione mirata e il coinvolgimento del sistema educativo e delle imprese per rispondere alle esigenze in modo sempre più preciso e formare una forza lavoro nazionale e internazionale adeguata.

Un'operazione " vincente " a tutti i livelli, almeno secondo gli auspici dell'esecutivo. Ma perché ciò avvenga, le politiche dei visti devono adeguarsi. Quelli attuali sono spesso brevi e richiedono tempi di ottenimento troppo lunghi. Complicazioni che possono scoraggiare i professionisti stranieri, spingendoli a cercare altrove. Sembra quindi che la modernizzazione degli elenchi delle professioni implichi anche la modernizzazione del processo di immigrazione economica.

Razionalizzare l'immigrazione economica: gli esempi del Regno Unito e della Nuova Zelanda

E gli altri Paesi? Nulla sembra fermare lo sviluppo dell'IA e la sua influenza in quasi tutti i settori. Per quanto riguarda l'immigrazione, un numero crescente di nazioni sta utilizzando l'intelligenza artificiale per monitorare, razionalizzare o studiare i profili degli espatriati che arrivano sul territorio, le esigenze di manodopera, i settori a corto di risorse, ecc. Il Regno Unito utilizza l'intelligenza artificiale per filtrare i profili dei candidati stranieri dal 2015. Tuttavia, a seguito di un elevato tasso di insuccesso e, soprattutto, di segnalazioni di discriminazione razziale, il progetto è stato messo in discussione.

Il Regno Unito ha però continuato ad attuare nuove strategie per adattare il suo sistema di immigrazione al clima economico. Questa è anche la strada intrapresa dagli Stati Uniti. Il visto a punti, introdotto dopo la Brexit, fa parte di questo nuovo sistema che dà priorità all'immigrazione economica e agli espatriati che soddisfano le esigenze lavorative del Paese. Il governo britannico ha anche stilato un elenco di professioni che necessitano di manodopera (principalmente in ambito sanitario e STEM), suddivise per tipo di impiego e per regione. 

Anche la Nuova Zelanda vuole attrarre più talenti stranieri. Per questo motivo, lo scorso luglio il governo ha annunciato una revisione della sua politica di immigrazione che comporterà la modernizzazione di alcuni visti. Da novembre, la validità dell"accredited employer work visa" è passata da 3 a 5 anni. 

Questo visto consente di stabilirsi in Nuova Zelanda in presenza di un'offerta di lavoro e anche di studiare per 3 mesi all'anno. Da ottobre 2023, la politica dei visti a punti è stata semplificata, per rendere più facile agli immigrati qualificati ottenere la residenza permanente.

Cosa succederebbe se l'AI modellasse le politiche migratorie di domani?

Itflows, lo strumento di intelligenza artificiale dell'Unione Europea per "prevedere i flussi migratori", divide. Lo stesso comitato etico del progetto riconosce i rischi per i diritti umani. Questo perché l'IA potrebbe facilmente deviare dal suo obiettivo primario e contribuire invece a escludere gruppi precisi di espatriati.

Anche in Giappone l'intelligenza artificiale viene utilizzata per contrastare la carenza di manodopera, ma in modo diverso. Il Ministero del Lavoro giapponese ha stanziato 100 miliardi di yen (circa 660 milioni di dollari) per aiutare le piccole e medie imprese (PMI) a sostituire i posti di lavoro vacanti con l'intelligenza artificiale. In breve: accelerare l'integrazione dell'IA nelle PMI in modo che necessitino di meno personale. Nello specifico, l'IA verrebbe impiegata nelle linee di produzione, nel controllo qualità, nelle pulizie e nell'assistenza ai clienti. La carenza di manodopera sta ostacolando l'attività economica in Giappone e sta accelerando l'apertura all'immigrazione. Nonostante le riforme, dedicate principalmente alle categorie dei diversi visti e alla creazione di nuovi visti, le imprese chiedono al governo di fare uno sforzo maggiore per accogliere un maggior numero di immigrati, qualificati e non.

Altri Paesi, come l'Australia e Singapore, stanno adattando le loro strategie per combattere la carenza di manodopera e attirare professionisti stranieri. Per chi la sostiene, l'IA è uno strumento indispensabile per analizzare grandi volumi di dati sull'immigrazione e sui mercati del lavoro. Può identificare le tendenze e prevedere il comportamento di chi vuole espatriare. Il tutto, ad un costo inferiore rispetto al metodo classico. O almeno, questo è ciò che affermano i suoi fautori. Resta da vedere quale impatto avrà l'intelligenza artificiale sul processo di immigrazione. Il caso britannico non è isolato. I detrattori dell'IA sottolineano le pecche del sistema. Raccomandano cautela e l'assoluta necessità di un controllo manuale.