Cecilia, un'artista italiana a Londra

Interviste agli espatriati
Pubblicato 2018-07-26 alle 12:14 da Francesca
Cecilia Gragnani è una performer italiana che si è trasferita a Londra nel 2008 per completare la sua formazione artistica. Scrittrice, attrice, produttrice di cinema e teatro, anima le scene londinesi con la sua compagnia "Paper Smokers" - un progetto nato in Italia, in collaborazione con Sara Urban, e sviluppato intorno alla figura di Cesare Pavese.    

Raccontaci di te: chi sei e dove vivi attualmente?

Mi chiamo Cecilia, sono di Milano e vivo a Londra.
Sono un'attrice e negli ultimi anni mi occupo di produzione e scrittura sia teatrale che cinematografica.

Da quanti anni hai lasciato l'Italia?

Sono a Londra dal settembre 2008.

Quali sono i motivi principali che ti hanno portata in Inghilterra?

Sono sempre stata curiosa di altri paesi, ho vissuto un anno a Parigi durante l'università e ho anche pensato di andare a vivere in America per un pò. 
Sono arrivata a Londra perché è la città del teatro e ho sempre voluto studiare qui. Ho fatto un master di due anni poi, dopo qualche anno di alti e bassi ho deciso di restare e ora ho da poco preso la doppia cittadinanza.

Di cosa ti occupi?

Mi occupo di teatro e cinema, come attrice ma negli ultimi anni sempre più come produttrice e avventurandomi nella scrittura. 

Quando e come è nato il tuo amore per la scrittura e la commedia?

In realtà ho sempre avuto molta paura di scrivere.
Ricordo che a scuola avevo l'incubo del tema. Però ho sempre amato molto le storie, sono un'avida lettrice.
Negli anni poi ho avuto la fortuna di collaborare con molte persone che scrivono e seguendo il loro esempio ho iniziato a tratteggiare storie che mi interessavano per poi provare a dargli una forma sempre più definita.
Per quanto riguarda la commedia, non ricordo come è nato l'amore per questo genere. Ricordo di aver visto recitare Franca Valeri quando ero bambina, rimasi stregata dalla sua comicità. Dopo di che ho iniziato a guardare, leggere, cercare chiunque lavorasse in questo genere.
Credo che la prima scuola di teatro che mi abbia influenzata molto in questa direzione sia stata Quelli di Grock a Milano dove ho studiato negli anni del liceo.
Credo poi che il riso sia un modo per economizzare il dolore e uno strumento potentissimo per interpretare il mondo. 

Che iter di studi hai seguito?

Ho fatto il liceo classico e poi mi sono laureata in Lettere Moderne. Nel frattempo ho sempre fatto teatro.
Le scuole più importanti in Italia non mi hanno mai presa e un giorno per caso ho accompagnato un'amica a fare un provino alla scuola civica di Jazz di Cerri e Intra.
Mi hanno presa e da li ho iniziato a studiare canto.
Una volta terminati tutti questi studi ho tentato il provino per entrare in un'accademia a Londra, mi hanno presa e sono partita.
Ho inseguito per tanto tempo il pezzo di carta che comprovasse che potevo fare teatro, ho capito tardi che forse non ce n'era bisogno. 
Però mi è sempre piaciuto studiare. Anche oggi, appena posso, faccio corsi di vario tipo (a volte esagerando).

Com'è nata l'idea di creare la compagnia teatrale “ Paper Smokers”?

Insieme ad un'amica teatrante, Sara Urban, abbiamo sviluppato un progetto in Italia intorno alla figura di Cesare Pavese. Entrambe amanti della letteratura abbiamo poi continuato una ricerca e un percorso che si focalizzava sul teatro e sulla letteratura. Io poi sono partita e nonostante gli sforzi è stato difficile continuare fra i due paesi. 
Londra ha il pregio di essere una città multiculturale in cui confluiscono artisti da tutto il mondo. Ho iniziato a collaborare con varie figure nel mondo teatrale e ho deciso di portare l'ethos di “Fumatori di Carta” creato con Sara in Inghilterra.
Ho la fortuna di riuscire a portare persone molto diverse fra loro a collaborare e creare qualcosa insieme e "Paper Smokers” cerca di essere un contenitore per le idee che nascono da queste collaborazioni.

Da dove hai tratto ispirazione per il nome della compagnia “ Paper Smokers”?

E' la traduzione inglese di una bellissima poesia di Cesare Pavese, “Fumatori di Carta”, in cui Sara ed io ci siamo imbattute nel primo lavoro su Pavese. Consiglio di leggerla perché è veramente bella.
A suo tempo ci ispirò perché il mondo che Pavese racconta nella poesia era molto vicino al lavoro che stavamo facendo. E lo è tuttora.

Che tipo di eventi porti in scena assieme al tuo gruppo?

Ci concentriamo soprattutto in spettacoli teatrali ma da un paio d'anni abbiamo anche fatto cortometraggi. Ora abbiamo dei progetti di mostre e film oltre che altri spettacoli.
Il teatro è il mezzo primario ma ci interessa molto lavorare anche in altri contesti.
A guidarci sono un'idea stilistica e i temi che sono cari ai membri del gruppo.

Quali sono i prossimi spettacoli in programma?

Stiamo lavorando ad un progetto che si intitola “Wingover” e che racconta la storia di tre donne avventuriere di cui si parla ancora poco: Annie “Londonderry” Kopchovsky - la prima donna a fare il giro del mondo in bicicletta, Bessie Coleman - la prima donna afro-americana a diventare pilota e la prima donna al mondo ad avere una patente internazionale come pilota, e Junko Tabei - la prima donna a raggiungere la vetta dell'Everest nonché la prima a completare l'ascesa delle Seven Summits. 
Testeremo la struttura di questo nuovo spettacolo a Novembre al Voila! Europe Festival a Londra.
Si tratta del primo passo di un progetto più grande dedicato a donne che con le loro imprese hanno avuto un ruolo fondamentale nello sviluppo dei diritti e delle libertà delle donne.

La scena artistica inglese è più stimolante/aperta al nuovo rispetto a quella italiana?

In generale direi di sì. In Italia ci sono spettacoli molto interessanti ma le strutture e i fondi sono pochi. In Inghilterra ci sono più opportunità ma resta una professione complicata.
Però a Londra arrivano una quantità enorme di spettacoli da tutto il mondo e questo è estremamente stimolante. Poi a Londra è normale utilizzare il teatro per raccontare il mondo nelle sue trasformazioni attuali. Ci sono tanti spettacoli, work in progress e piattaforme dove si scrivono e si condividono storie che riguardano l'oggi.

Com'è una tua giornata tipo?

In realtà non c'è una giornata tipo. Per molti forse questo può essere disorientante, ma a me piace molto.
Fino a qualche anno fa la mattina era dedicata ai miei progetti e il pomeriggio ad insegnare in varie scuole. Ora sono molto fortunata e riesco a vivere del lavoro di attrice e produttrice.
Lavoro principalmente da casa, vado a provini quando ci sono, faccio molti voiceover per cui spesso vado in vari studi a registrare, mi chiudo in una stanza per settimane a provare se abbiamo uno spettacolo, vado a vedere più spettacoli possibili e viaggio molto. Per un anno e mezzo sono stata in tournée con uno spettacolo con Federico Buffa e ho amato molto la possibilità di visitare luoghi diversi grazie a questo lavoro. Ora appena posso mi muovo.
Sono stata in Giappone ad aprile ed è stato un viaggio bellissimo.

Parlaci dei lati positivi e negativi della tua vita da expat a Londra.

E' difficile sintetizzarli ma diciamo che in parte lo spettacolo “Diary of an Expat” è nato dal desiderio di sfatare dei miti sui giovani che vanno a vivere all'estero.
Londra è una città complicata perché costosa, enorme, caotica e piena di contraddizioni ma al tempo stesso è estremamente stimolante, un luogo dove persone dal tutto il mondo si incontrano e si permeano. 
Londra però non è l'Inghilterra. Fino a Brexit non mi sono mai sentita come una straniera, mi sono sempre sentita un'Europea in mezzo ad altri Europei.
Dopo il referendum la percezione è molto cambiata e il processo per avere la cittadinanza è stato molto faticoso non solo a livello burocratico ed economico ma soprattutto per quanto riguarda l'identità e il senso di appartenenza ad un luogo ed una comunità.

Che piani hai per il futuro?

A livello personale con il mio compagno stiamo pensando a dei figli. A livello professionale vorrei continuare a raccontare storie e vivere di questo lavoro. Poi vorrei tanto andare in Antartide!
 

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